Cervelli in fuga 2


L’università italiana torna alla ribalta per alcuni eclatanti casi di nepotismo, come il figlio del professore messinese che si presenta senza concorrenti a un concorso per professore associato, nella stessa facoltà del padre. Nulla di nuovo, in realtà. Che l’università italiana non abbia esattamente al centro delle sue preoccupazioni lo studente se n’è accorto chiunque l’abbia frequentata, nevvero? Già a partire dagli esami, all'università si va avanti a simpatia, per cooptazione. Leccando. Una lunga scia di bava tiene tutti uniti. Chi non sappia ingraziarsi un professore, o un assistente, è out. L' Economist della settimana scorsa definisce l'università italiana "one of the worst managed, worst performing and most corrupt sectors in Italy".

Eppure, miracolo, gli accademici sono riusciti a mobilitare gli studenti a difesa dei loro interessi, contro la riforma Gelmini. Contro ogni possibile riforma del resto, il copione è sempre lo stesso da anni: occupazioni, assemblee, scioperi, autogestioni. Il ’68 permanente, una noia mortale, tanto che ormai nemmeno Mario Capanna, ex giovane col riportino, prova più a farsi vedere in giro.

Come da copione, i giornali pubblicano i soliti articoli nei quali ci si strappa i capelli per i cosiddetti “Cervelli in fuga”. L’ho scritto già, ma a costo di ripetermi, lo ribadisco: questa storia della "
fuga di cervelli" è una mistificazione.

Gli studiosi sono mobili da sempre, da quando nel Medioevo furono fondate le università (
Clerici Vagantes). Fare un periodo all'estero è un arricchimento, non un dramma. Perché esisterebbe il programma Erasmus, sennò? Molti dei supposti transfughi, all’estero ci sarebbero andati comunque, come parte normale del loro apprendistato.

Chiediamoci:
ma se l'università italiana è a catafascio come si dice, come mai allora codesti cervelloni sono così richiesti fuori dai patri confini? Ci sono stati certo casi sporadici in cui dei singoli ricercatori si sono trovati la strada ostacolata da baronie e nepotismi. Ma la maggior parte di coloro che sono partiti, sono semplicemente persone che hanno colto buone opportunità di lavoro in un mercato fortemente globalizzato. Rispetto a quanti rimangono intrappolati in Italia, senza alternative (già per un avvocato trasferirsi sarebbe difficile), il destino di questi privilegiati che possono vendere la loro professionalità all’estero non è poi così triste.

Eppure tutti, dicasi
tutti, passato il confine, amano sputare nel piatto dove hanno mangiato, darsi arie da profughi, da esuli dalla patria ingrata, e reclamano misure che ne agevolino il rientro in posizione privilegiata, magari scavalcando quanti, stringendo i denti, l’Italia non l’hanno abbandonata. Questi ultimi sì, meriterebbero un po' di gratitudine dal Paese: troppo facile e comodo pensare che quelli che sono partiti erano tutti geni incompresi, e quelli che sono rimasti tutti raccomandati, no?

L’Italia è, da sempre, un
paese di emigrazione. Ce lo siamo scordati? Tanti italiani per un tozzo di pane sono finiti a lavorare in miniera. Questo focalizzare l’attenzione sulla sola emigrazione accademica, mi sembra espressione di un velato razzismo, come se gli scienziati fossero più importanti di tutti gli altri milioni di migranti della grande diaspora italiana.

Mamma Italia avrebbe dunque figli e figliastri? Per fare un esempio, tra due italiani emigrati in Germania, uno per fare il pizzaiolo e l’altro il professore, perché lo Stato Italiano dovrebbe spendere dei soldi per far rientrare solo quest’ultimo? Cos'è un pizzaiolo, un Untermensch? Qualcuno potrebbe seriamente dimostrarmi che la pizza non è cruciale per l’economia italiana? Chi non ha un Dottorato è un italiano di serie B?

A proposito, ma quanto è stucchevole questo autoproclamarsi "cervelli" solo perché si ha in tasca un diploma di studi avanzati. Possiamo ricordare a codesti presuntuosi che Federico Faggin, quello sì un genio, l'inventore del microprocessore e del touchpad, era appena un perito elettronico? Di gente del genere avremmo bisogno, non di intellettuali grigi ed astratti capaci di produrre solo cartaccia destinata ad essere letta da pochi loro pari e ad ammuffire su qualche scaffale.
Pubblicazioni, tsé! Ciò che manca davvero al nostro paese sono invenzioni industriali, brevetti innovativi che creino posti di lavoro.

Ma gli studenti dell'Onda, come quelli della Pantera vent'anni fa (sic!), aizzati dai professori, continuano a rifiutare ogni collegamento dell'università alle imprese. Occorre che il loro mondo rimanga autoreferenziale, perché possano perpetuarsi le mafie e le baronie.

Bene ha fatto dunque la Gelmini a tagliare drasticamente i fondi alle università. L'Italia è in recessione, le casse dello Stato son vuote, e certo non possono permettersi di finanziare futilità come gli studi sul topless, o sulle scelte riproduttive delle zitelle della Germania Est: tutta roba senza alcun valore aggiunto che certo non risolleverà la nostra economia. Se il carrozzone non può essere riformato, allora che muoia di inedia.

Dunque, cari cervelloni in esilio,
buona permanenza all'estero! Certo, Oltralpe fa freddo e piove spesso, la cucina non è granché, il sole si vede a sprazzi, come in carcere. Ma pensate che a un grand'uomo come Napoleone toccò finire i suoi giorni a Sant'Elena: sai che esilio, andare a vivere in Francia, Germania, Svizzera, Spagna, Inghilterra, USA!
Cervelli in fuga, pfui !


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Sullo stesso argomento in questo blog:
Cervelli in fuga?
Come il CERN si fece scappare l'inventore del Web: una storia di cervelli in fuga al contrario...

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Cervelli in fuga.it : i furbacchioni hanno anche un sito...
Concorsopoli di Tommaso Gastaldi
Universitopoli di Marco Lanzetta
Su Panorama: Università laureata in sprech

Commenti

  1. Sono totalmente in disaccordo.
    Mi ricorda l'infelicissima uscita di TPS sui bamboccioni, cosa in principio condivisibile, ma che risultò irritantissima ai più, me compreso, per la faciloneria. Facile dire al co.co.pro che è un bamboccione quando prende 500 euro al mese! Indisponente se a dirlo un ministro della Repubblica, che ha un illustre quanto, si presume, abbiente, trascorso professionale.
    Ecco, il principio del tuo post è identico: una cosa è l'opportunità - direi quasi il dovere - di fare esperienze all'estero per crescere professionalmente; tutt'altro è dover essere costretti all'espatrio per acclarata impossibilità, a meno di congiunture astrali rarissime e dunque difficilmente ripetibili, di poter fare della ricerca il proprio mestiere, con le dignità sociale e stipendiale del caso. E', cioè, la mancanza di alternative che rende intollerabile la via dell'emigrazione e, ne sono sicuro almeno per la maggioranza dei casi, non certo la nostalgia di sole, mare e pummarola.
    Che l'Università italiana sia irriformabile è noto. Ma non si riforma a colpi di scure finanziaria, chè, anzi, con l'impoverimento delle risorse si favorisce il drenaggio di esse solo su compiti di mero mantenimento, con la conseguenza di soffocare ancor di più quelle rare e saltuarie esperienze di ricerca pura.
    L'Università è irriformabile perchè rispecchia alla perfezione la società italiana: nessuna norma, infatti, può estinguere il familismo amorale, il clientelismo inestricabile, la logica di clan, ben conosciuta e perfettamente tollerata, in un'omertosità assoluta di casta che oramai non vige a questi livelli nemmeno dentro a Cosa Nostra.
    Ciò detto, è vero che magari non tutti gli espatriati siano dei fulgidi geni candidabili al Nobel; ciò detto, è vero che magari molti vadano all'estero perchè semplicemente allettati da migliori opportunità di carriera e di danaro. Ma è vero che l'alternativa - attenzione, non una delle alternative bensì LA alternativa - è ibernarsi fino alla quarantina se non di più nel precariato, nello sfruttamento del proprio tempo e delle proprie risorse intellettuali in nome e per conto del docente di riferimento, sperando, per la fatale legge di natua, che a forza di estinzioni fisiche e di fidelizzazione cementata nel tempo, si possa finalmente accedere ad un concorsino da associato.
    Si è liberi, liberali e liberisti quando vi è possibilità di concorrere in un libero mercato, se non con pari opportunità di partenza, almeno con una decorosa opportunità di arrivo. Quando tutto questo non c'è, fare discorsi su quanto sia figo andare all'estero è assolutamente ozioso e snob.

    P.S.: e questo lo si vede anche nell'obbligatorietà di selezionare un profilo per postare un commento. O questo, o l'anonimato forzoso.

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  2. Chissà, forse aveva anche ragione il Brunetta dei Fannulloni, visto che chi ha tanto tempo per commentare questo sito mi scrive da un account del Ministero? ;-)

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  3. Dev'essere sicuramente qualcuno assai veloce a scrivere, come tu stessi asserivi tanti anni fa... ;o)

    http://www.controsito.it/controsito/nandokan_index.htm

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  4. A proposito di irriformabilità ex lege dell'accademia, ti invio il link alla lettera che i prorettori dell'università di Messina - uno degli atenei più corrotti dell'universo, autentica sentina di clientelismo e mafiosità - hanno inviato in segno di solidarietà al Magnifico, rinviato a giudizio per la locale parentopoli. Va gustata lentamente, frase per frase. E' identica a certi comunicati della DC siciliana nei primi anni '80 di fronte a qualsiasi inchiesta per mafiosità nei confronti dei loro più marci esponenti.

    http://santagatando.wordpress.com/2008/12/02/lettera-di-solidarieta-al-prof-tomasello-da-parte-dei-prorettori/

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  5. eh, ma chi l'avrebbe detto!
    Chissà se c'è un nome per quelli che invece di avere rapporti diretti con le persone, preferiscono guardare il loro blog. Lentamente scivolano nel virtuale... Magari dovresti associarti con la mia ex tedesca...

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