Limes, la Crimea, l'Ucraina.

Trovo un po’ comica la querelle sollevata dall’Ambasciatore d’Ucraina a proposito di una carta pubblicata dalla rivista Limes, su cui occasionalmente scrivo, e che mi trova coinvolto su Twitter.

Limes sarebbe colpevole di aver raffigurato, in una carta di Laura Canali, la Crimea come facente parte della Federazione Russa.  La risposta di Lucio Caracciolo è stata, molto correttamente, che quella carta rappresenta la situazione di fatto sul terreno. In effetti Limes non è l’Istituto Geografico de Agostini: il suo compito non è quello di produrre carte geografiche e politiche accurate.
Premesso che non ho alcun titolo a parlare a nome di Limes, la preoccupazione che una rivista “riconosca” l’annessione della Crimea da parte della Russia rivela una curiosa idea della stampa libera,  la quale non ha,  nel bene o nel male, simili responsabilità. Il punto non è dunque se Limes riconosca o meno l’annessione della Crimea ma il fatto che un’eventuale “riconoscimento” sarebbe comunque del tutto irrilevante.

La causa  ucraina  ha trovato un improbabile difensore nel signor Davide Denti, un tale che tempo fa ho bannato su twitter per il semplice fatto che è inutile stare a discutere con persone che ritengono di avere sempre ragione e che si sono specializzate nella correzione degli errori altrui - una causa che rivela una notevole quantità di tempo da perdere.

Denti - tra un insulto e l'altro - ci spiega in lungo in largo come l’annessione della Russia sia illegale dal punto di vista del diritto internazionale.  Lo sforzo è encomiabile ma anche del tutto inutile: non saranno certo avvocati e tribunali a restituire la Crimea  all’Ucraina.  Se c’è un campo in cui il diritto segue i fatti sul terreno è proprio quello delle relazioni internazionali: una lezione che anch’io, che ho una formazione giuridica, ho dovuto imparare a suo tempo.

Ho visitato la Crimea nel 2008 dopo Leopoli. A Leopoli (Lviv) nessuno sentiva la Crimea come parte dell’Ucraina  - e in Crimea tutti più o meno sembravano condividere questo sentimento. Le due parti del paese sembravano lontane ed estranee, ben più di quanto una normale differenza regionale giustificasse.

L’operazione militare  che ha portato la Russia  a impadronirsi della Crimea nel 2014 è stata magistralmente condotta senza spargimento di sangue, e questa di per sé è una cosa molto positiva. Ma bisogna pur osservare che nessuno soldato ucraino ha sparato un colpo  per difendere il suolo nazionale. Per non parlare poi degli ammiragli che hanno consegnato l’intera flotta ucraina alla Russia.

Non si ricordano forse nella storia casi di un paese che abbia ceduto una parte del proprio territorio nazionale senza combattere.  Per dire,  quando i soldati piemontesi si presentarono sotto le mura di Roma  nel settembre 1870, il Papa Pio IX mandò i suoi  zuavi a tentare una difesa simbolica e disperata.  Questi soldati lo sapevano,  eppure combatterono e in molti morirono.
Niente di tutto questo è accaduto in Crimea dove un governo imbelle (guidato dallo stesso premier di oggi, si noti) è rimasto a guardare, e dove i soldati hanno preferito  conservare la vita piuttosto che l’onore. 

La legittimità di un potere si misura anche da quanto la gente è disposta a rischiare la pelle per difenderlo. 

L’Ucraina  ha poi avuto nei confronti della Crimea dei riflessi straordinariamente lenti. Solo  adesso, per esempio, le ha tagliato la luce e l’acqua: una mossa che forse valeva la pena di tentare all’epoca del referendum, ma che adesso è solo un dispetto. 
Ci si è spesso chiesti insomma se l’Ucraina desideri davvero rientrare in possesso della Crimea. Di sicuro non sarà la guerra di parole scatenata contro la rivista  Limes a cambiare la situazione sul terreno.

Io non credo che sia nell’interesse dell’Ucraina riprendere la Crimea - che comunque nell’ordinamento giuridico del paese ha sempre costituito un corpo a parte,  una Repubblica autonoma (Denti sbaglia clamorosamente parlando di “autoproclamata Repubblica di Crimea”).

La ferita è dunque più all’orgoglio, che ai reali interessi nazionali ucraini. Meglio lasciar da parte ogni velleità di riconquista e pensare al futuro. Un domani con la Russia bisognerà pur fare pace e riprendere relazioni normali. A quel punto l’Ucraina  potrebbe immaginare di rinunciare  per sempre a ogni pretesa legale sulla Crimea in cambio di sostanziose compensazioni economiche. Se l’Alaska e la Louisiana hanno potuto essere vendute per denaro la stessa cosa può accadere per la Crimea.  La Russia si vedrà perdonata il peccato di origine, e la sua sovranità sulla Crimea  acquisterà piena legittimazione internazionale.

Così anche gli avvocati saranno contenti, e capiranno che le guerre non si vincono con le chiacchiere. Nelle relazioni internazionali, sulla bilancia della giustizia pesa sempre la spada di Brenno.   


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