Due o tre cose che so dell'Ucraina

Ho vissuto e lavorato in Ucraina, e così amici mi chiedono di questo paese – noto da noi solo per qualche giocatore, per la bellezza delle sue donne, e perché è la patria d’origine delle badanti – e di cosa sta succedendo lì. 

Ho collaborato nell’arco di tre anni a un grande progetto europeo sulla Giustizia, e avrei dovuto partecipare a una missione della Commissione Europea proprio nella prima settimana di Febbraio, ma è stata cancellata per le violenze di piazza.

Sono molto impressionato da vedere le foto degli scontri: riconosco dai dettagli dove sono state scattate, conosco a memoria i luoghi dove si svolgono, lì avevo casa ed ufficio. 

Maidan Nezhaleznosti, pacifica, nel 2009

L’Ucraina è molto grande, molto variegata, e molto corrotta. Kiev è stata la sede del primo stato Russo, la Rus’ di Kiev, appunto, il grande dominio degli slavi d’oriente. Il Dniepr era la via di transito tra il Baltico e il Mar Nero e Costantinopoli, e i primi governanti degli slavi furono Vichinghi. Poi il potere si spostò sempre più a nord, fino a Mosca. L’attuale Ucraina divenne parte del Granducato Polacco Lituano, e terreno di battaglia del confronto tra Svedesi e Russi, i primi sconfitti a Poltava.

Questo spiega l’interesse prevalente di Polonia, Lituania e Svezia, tra gli stati membri dell’Unione, negli affari dell’Ucraina.


Una parte dell’Ucraina – quella dove più si parla la lingua ucraina, che è differente dal russo – è rimasta unita alla Polonia, e ne ha seguito il destino, fino alla dissoluzione dell’impero austroungarico. Leopoli è una città manifestamente mitteleuropea. Il resto è stato inglobato nel dominio russo. La Russia si è poi estesa a sud, sulla costa, scacciandone le popolazioni tartare, e fondando la città di Odessa: il sud è ancora prevalentemente russo.


La storia spiega perché il paese sia diviso tra russofoni e ucrainofoni. Esiste anche un’altra faglia, che è quella religiosa. Sul Dnipr furono battezzati gli slavi, da san Vladimiro, poco prima dello Scisma d’Oriente. Qui è dunque nata la chiesa ortodossa russa, una tradizione che segue e si distingue da quella greca, un tempo prevalente con Bisanzio. La parte a ovest è cattolica, di rito ruteno. Si tratta di una chiesa che – sotto i Polacchi - ha conservato il rito ortodosso, ma che è tornata all’obbedienza a Roma, e per questo è vista come fumo negli occhi dal Patriarcato di Mosca ed è un motivo di scontro tra questo e il Vaticano.  

La divisione è infine economica: l’occidente ha una chiara identità nazionale, ma non ha un’economia. L’est ha una base economica, ma la sua identità è debole, ed è persino difficile distinguere tra ucraini russofoni e russi etnici tout court. L’estrema permeabilità di questa zona con la Russia è illustrata dal fatto che fino a pochi mesi fa il confine con la Russia non era segnato. Poi la Federazione ha cominciato a stendere filo spinato e posti di frontiera per dare un chiaro segnale di come i rapporti potrebbero cambiare se l’Ucraina si avvicinasse all’Occidente.  


La base industriale ucraina è data dalle sue acciaierie. La siderugia alimenta l’industria pesante (qui si producono missili balistici e gli enormi aerei cargo Antonov), ed è molto richiesta dal mercato dei paesi emergenti. Si tratta però di impianti vecchi ed assurdamente antiecologici. Qui hanno la loro roccaforte i grandi oligarchi, gli Akhmetov, i Firtash (che ha recentemente comprato la filiale ucraina di Banca Intesa), i Pinchuk. Uomini dal potere economico enorme, in un paese dove il reddito medio è sotto i 300€/mese.
Il paese è fortemente dipendente dalla Russia per il suo export, e per gli approvvigionamenti energetici: senza il gas russo si morirebbe di freddo. Il 60% del gas russo verso l'Europa passa da qui  attraverso una rete di pipelines. Le infrastrutture sono vecchie e cadenti, risalendo al periodo sovietico: nulla, ma proprio nulla, è compatibile con i rigidi standard europei.Se volete fare un viaggio da brivido, basta prendere un ascensore a Kiev.


Le divisioni tra partiti politici corrispondono grosso modo a quelle linguistiche ed economiche. Janukovič, l’attuale presidente, è un’espressione dell’est filorusso, e della lobby degli oligarchi, ed ha forti difficoltà ad esprimersi correttamente nella lingua nazionale (oltre ad avere qualche precedente penale).  Le proteste sono concentrate soprattutto a Kiev e all'ovest. 


La storia spiega perché l’Ucraina abbia uno sguardo strabico: da una parte si sente, vagamente, legata all’Occidente, dall’altra ha forti legami con la Russia. I nazionalisti hanno cercato di costruire l’identità nazionale soprattutto in antitesi con la Russia, narrando la storia di un’Ucraina vittima della sorella maggiore. E certo, l’holodmor, il grande genocidio per fame è una pagina tetra ed ancora scarsamente esplorata dello stalinismo. Nondimeno, sotto l’Unione Sovietica il peso del paese e delle sue leadership fu notevole: tanto Hrushev che Brezhnev venivano dall’Ucraina.   

Nei 22 anni dopo la fine dell’Unione Sovietica, il paese è vissuto sotto un compromesso: non scegliere di andare da nessuna parte. Così se n’è andata la gente. Per strada a Kiev si vedono curiosi festoni che raccomandano “Ljubite Ukrainu”, ‘Amate l’Ucraina’. Ma la risposta è stata una emigrazione di massa, che colpisce soprattutto la popolazione più istruita (il creatore dell’app più pagata del momento, WhatsApp,  per esempio, è un emigrato ucraino), impoverendolo demograficamente. L’Ucraina è un paese enorme, ma sottopopolato.

La stasi è una delle sensazioni più nette che si prova(va)no viaggiando per l’Ucraina. La depressione era nell'aria. Per dare un'idea del modo in cui gli ucraini al futuro, basti il poco incoraggiante titolo dell'inno nazionale: "L'Ucraina non è ancora morta"...  Mentre le piccole repubbliche baltiche si liberavano del loro passato sovietico ed entravano nell’Unione Europea, nella NATO, nell’Eurozona, mentre gli altri paesi ex Patto di Varsavia decollavano (la ricchezza procapite della vicina Polonia era uguale a quella dell’Ucraina, ora è tre volte maggiore), la grande Ucraina è rimasta bloccata, senza un progetto e senza un’idea, smarrita in un limbo senza tempo. Persino le statue di Lenin erano ancora al loro posto, prima di essere abbattute finalmente solo un paio di mesi fa. 

Le 206 statue di Lenin abbattute durante Euromaidan: un altro segno della diversa popolarità della rivolta.

La stasi è stata il prezzo dell’unità nazionale: già Huntington, nel suo capitale “Clash of Civilizations” definiva l’Ucraina una ‘torn country’, un paese lacerato dalla faglia est-ovest, e ne pronosticava la secessione. Una volta che il paese si è trovato a dover scegliere in che direzione andare, la lacerazione è diventata evidente e drammatica. 

Huntington - Clash of Civilizations

Janukovič è paradossalmente colui che ha portato l’Ucraina più vicino all’Europa, rispetto ai suoi predecessori. È probabile che la sua intenzione fosse sin dal primo momento di non concludere l’accordo di associazione con l’UE, ed invece di schierare il suo paese con la Russia, che metteva sul tavolo dollari fruscianti.

Ma ha giocato malissimo la partita, soffrendo fondamentalmente del provincialismo di cui è affetta la classe dirigente del suo paese, che non parla lingue straniere e non ha viaggiato, e da buon politico ex sovietico ha pensato di poter avere facilmente ragione della Piazza col pugno di ferro. 

Maidan, la Campagna di Julja Timoshenko nel 2009

Le manifestazioni di Maidan Nezhaleznosti, Piazza Indipendenza (per inciso, Maidan significa piazza, ma i giornalisti italiani continuano a dire “Piazza Maidan”…) sono un salutare segnale di risveglio di un paese dove praticamente non esiste una società civile, associazionismo, e le persone sono intrappolate in un indifferente individualismo o, al massimo, familismo. Per dire, l'unica agitazione di un qualche rilievo, sinora, era stata quella provocata dalle ragazze in topless di "Femen". EuroMaidan è certamente assai più spontanea della cosiddetta Rivoluzione Arancione di qualche anno fa (che - va ricordato - era diretta proprio contro l'elezione di Janukovič), pesantemente influenzata dall’estero.
È certo una grande ironia della storia che le più forti manifestazioni pro-europee si svolgano, di questi tempi, a Kiev, mentre in Occidente la disaffezione e disillusione dei popoli verso l’ideale europeo è palpabile.

Ma l’Ucraina è una pedina di un gioco più grande: per i russi è una irrinunciabile componente della sua identità, e del progetto di Unione Euroasiatica. Per gli USA è stata probabilmente una buona occasione per mettere in imbarazzo sia Putin (reduce daun 2013 pieno di successi diplomatici, a partire dalla Siria, e che sia pprestava a celebrare il suo trionfo alle Olimpiadi di Soči), sia l’Unione Europea. Come già in passato gli USA avevano caldeggiato l’adesione della Turchia alla UE, con l’obiettivo di espanderla e di diluirla, così oggi potrebbero vedere nell’Ucraina - povera, controversa, concorrenziale in agricoltura, ma enorme e troppo grossa da infrastrutturare - il candidato ideale per indebolire definitivamente il progetto europeo.

Del resto, la crisi ucraina ha già dimostrato la debolezza e l’inconsistenza della cosiddetta politica estera comune europea. L’intera faccenda dell’accordo di associazione è stata appaltata agli stati membri che per le ragioni dette sopra avevano maggiori legami con l’Ucraina (Polonia, Svezia e Lituania), mentre l’accordo tra Janukovič e l’opposizione è stato mediato dai ministri degli esteri di Germania, Francia e Polonia, scavalcando la poco apprezzata Baronessa Ashton, nominalmente Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, che comunque a Kiev ha avuto finalmente un minuto di gloria (“la nuova Caterina la Grande” è stata definita dai quotidiani locali, con notevole esagerazione).

L'Italia - che è il secondo partner commerciale dell'Ucraina, il primo importatore nell'Europa Occidentale, che ha legami storici con il paese (in Crimea sono le grandi fortezze veneziane e genovesi, e una antica comunità italiana), e che ospita una comunità ucraina di 300.000 persone - come al solito era assente dalla scena.

L’Europa, a voler essere benevoli, ha dimostrato una forte confusione quanto agli obiettivi da raggiungere, scarsa conoscenza del terreno e della storia (per esempio identificando in Julja Timoshenko un leader credibile ed unificante), contraddittorietà nelle sue molteplici espressioni, tanto che il vicesegretario di Stato Usa  Viktoria Nuland è stata intercettata dai russi mentre commentava “fuck the EU!”.

Sostanzialmente la UE ha la grave colpa di aver destabilizzato il paese senza avere una exit strategy, e senza aver calcolato la particolare suscettibilità russa. In un mondo ancora dominato dall’hard power, gli europei hanno confidato troppo nel linguaggio del soft power, fatto di democrazia e Rule of Law, ma senza offrire mai la prospettiva della full membership

L’Unione Europea, del resto, già con 28 stati membri è ingestibile, e il referendum svizzero ha segnalato una enlargement fatigue derivante da una politica di frontiere troppo aperte - un sentimento che probabilmente sarebbe condiviso anche dagli altri cittadini europei, solo che fossero lasciati liberi di esprimersi.

Solo la Russia finora si era offerta di pagare il debito pubblico ucraino - che è stato appena declassato da Standards and Poor’s a CCC, ben al di sotto di quello greco, ed è quindi pericolosamente sull’orlo del default. Questo nonostante il GDP del paese cresca all’invidiabile tasso del 2% annuo.

Insomma, l’Ucraina è in mezzo ad attori che non sanno esattamente cosa farne, e che non vogliono pagarne il conto.

Gli eventi di questi giorni si susseguono concitati, ed è difficile dire che cosa succederà. Anche se Janukovič (che mentre scrivo ha abbandonato la capitale) si dimettesse, non si può ignorare che egli rappresenta una parte importante del paese che non ha minimamente partecipato agli scontri. Janukovič non è un dittatore, ma un presidente eletto, anche se con parecchi brogli. Finito lui, la sua constituency e gli oligarchi troveranno qualcun altro.E non va sottovalutata la frustrazione di chi lo ha votato due volte, per vederlo scalzato entrambe sovvertendo il risultato delle elezioni.

Personalmente non credo allo scenario estremo, quello di una completa scissione del paese. Meno improbabile è il distacco di alcune parti, come la Repubblica Autonoma di Crimea, che è in Ucraina solo perché regalata da Hrushev, che è unita al resto dell’Ucraina dallo stretto (8km) istmo di Perekop, e potrebbe invece essere facilmente unita alla Russia da un ponte sopra lo stretto di Kerch. La Crimea ha un’importanza fondamentale per la Russia, ospitando la grande base della flotta meridionale a Sebastopoli. Uno scenario molto simile a quello delle vicine repubbliche caucasiche dell’Abhazia (molto vicina alla sede olimpica di Soči) e dell’Ossezia, resesi indipendenti dalla Georgia, sotto protettorato militare russo. 

La base della flotta russa a Sebastopoli
L’Ucraina intanto rischia di diventare preda delle potenze emergenti. Il paese è sostanzialmente una enorme pianura agricola, percorsa da fiumi grandissimi, con un terzo del miglior terreno fertile del mondo, del tutto sottoutilizzato (non ho mai visto moderni macchinari agricoli). Già 100.000 ettari sono diventati l’anno scorso proprietà di una corporation cinese, e dovrebbero diventare nei prossimi anni 3 milioni: si tratta del 5% del territorio dell’intero paese. Non a caso Janukovič dopo la Russia ha visitato anche la Cina.

Uno scorcio della campagna ucraina

La Cina (ed altri paesi che hanno abbondanza di valuta e poco terreno coltivabile e acqua, come i paesi arabi) è interessata ad investire in acquisizioni territoriali, anche per esportarvi manodopera in eccedenza. È il fenomeno del cosiddetto “land grabbing”, che finora ha riguardato l’Africa. Agli occhi dell’attuale oligarchia ucraina, la Cina ha il pregio che la sua politica estera è di non mettere mai in discussione i regimi politici con cui commercia. Un atteggiamento ben più conciliante rispetto alle pesanti conditionalities che pone l’Unione Europea. 

Insomma, mentre Russia e Occidente ripetono vecchi  scenari figli della guerra fredda, il terzo incomodo fa buoni affari e mette un piede alle porte dell’Europa. 

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Vedi su questo blog le mie foto sull' Ucraina

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Per tre anni l'accampamento dei sostenitori di Julja Timoshenko è stato sulla via Kreshatik,
anticipando il campo della Maidan


Ripubblicato da Limes online

Commenti

  1. Buono!
    Molto informativo. E pure molto condivisibile.
    Uniche differenze: io penso che l'ucraina sia stata destabilizzata
    essenzialmente dai tedeschi. Ed ora che si tratta di andare fino in
    fondo vediamo. La crisi ci può costare carissima in termini di prezzi
    energetici, se non di più.
    Qualche ucraino importante che parla inglese c'è, tipo il viceministro
    degli Esteri. Ma certo saranno pochi e la tua valutazione sul loro
    provincialismo è fondatissima, senza alcun dubbio.
    Poi, un sospetto. E' difficile che la Nuland sia stata intercettata
    dai russi. Potrebbero esser stati altri: i tedeschi ad esempio. Se per
    caso Siemens fosse molto presente nel Paese, sarebbe facilissimo.
    Oppure gli israeliani o i sauditi, per far deragliare il grande
    accordo russo-americano sul Medio Oriente, che li penalizzerebbe.
    E' molto complesso. Ancorchè indipendenti nelle dinamiche, la crisi
    ucraina e quella siriana interagiscono.
    G

    RispondiElimina
  2. Fantastico articolo, molto istruttivo, alcune cose le sapevo, tantissime altre no. Comunque perché c'è la didascalia "Maidan, la Campagna di Julja Timoshenko nel 2009"...se dici che Maidan vuol dire Piazza! :)

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  3. "Per tre anni l'accampamento dei sostenitori di Julja Timoshenko è stato sulla via Kreshatik, anticipando il campo della Maidan"Volevo dire che queste tende di protesta erano già piuttosto frequenti nelle strade, e che Euromaidan si è sviluppata su quel tema. tra l'altro a Kiev fa freddo e le tende servono.

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  4. Complimenti Dario,
    e' una buona intervista. Hai decisamente puntato le essenze base del problema. Posso aggiungere solo, rispondendo ai tuoi interlocutori, che qui il nazionalizmo non e' presente. Le esagerazioni di questo genere sono il puro strumento della guerra delle disinformazioni sistematicamente mantenuta da Cremlino contro l'Ucraina. Capisco il dolore del Presidente russo il quale ha sempre detto di quanto sia addolorato sul fatto che l'Ucraina non faccia piu' parte dell'ussr. Non e' neanche un grande segreto che il sogno attuale del nostro vicino e' la ricostruzione dell'ussr nei suoi confini precedenti. Ma non possiamo tornar indietro, ormai siamo un paese libero e con la propia strada da camminare. Posso assumere che i mezzi di disinformazione russi creano numerose speculazioni cercando di rovinare lo spirito stesso del nostro giovane paese.

    Io lavoro all' Universita Nazionale Taras Shevchenko di Kyiv, la quale sarebbe la piu' grande d'Ucraina. Giusto 10 minuti fa' nel mio ufficio entro' una studentessa chiedendo dell'aiuto e liberamente parlandomi in russo. Qui ciascuno e' libero di parlare la lingua che desidera ed esprimersi. Ovviamente si chiede il rispetto per la lingua ucraina come quella ufficiale dei documenti, leggi ecc. Ma cosi' e' in qualsiasi stato Europeo! Anzi siamo anche fin troppo toleanti in questo senso. E sono assolutamente d'accordo con te che questo non e' il vero motivo della cosidetta "crisi ucraina". Intanto la "crisi" non c'e', c'e' la violazione di qualsiasi regola e norma del diritto internazionale. E questa e' una vera sfida per tutto il mondo.

    Per dirtela tutta, anche delle provocazioni in piazza Maidan ed oltre furono statte finanziate e sostenute dai servizi segrete russe per provocare la popolazione. Dopo gli organizzatori delle provocazioni furono mandati in altri regioni dell'Ucraina, ed infatti immediatamente sono cominciati degli disordini la'. Ed in questo modo si prepara la situazione per far entrare le truppe in Ucraina con le scuse gia' pubblicizzate in TV. Perche anche le rigide azioni del governo di Yanukovich erano una semplice esecuzione degli ordini dal Cremlino. In Ucraina sono stati pubblicati alcuni documenti che lo confermano, ma non ne sono sicura che avessero raggiunto voi. Infatti qui dai russi si sono stati applicati i classici scenari rivoluzionari nei paesi terzi (come quelle che sono stati spesso eseguiti durante il periodo della guerra fredda e dopo nei paesi del continente africano, sudamericano etc.) ed in piu' i nuovi modi della guerra delle informazioni.

    L'Ucraina chiaramente ha bisogno dell'aiuto esterno. Mi intristisce il fatto che l'Europa in questo momento sia piu' impegnata a trattare sul gas anzi che intraprendere delle azioni piu' decise al riguardo della questione ucraina.

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