Il corpo delle donne e altri racconti

La vicenda Wikileaks, oltre agli ovvi risvolti diplomatici, porta con se altre meno scontate conseguenze. È come se l'età dell'innocenza fosse finita, e alcuni sogni fossero morti all'alba.

Il primo mito che è caduto è quello – ripetuto spesso dal nostro maggiore e più anarchico blogger, Beppe Grillo – secondo cui "Internet non si può controllare". I fatti di oggi, se non fosse bastato il (cattivo) esempio della Cina, dimostrano il contrario. L'architettura dei nomi a dominio, con i domini geografici di primo livello, i dodici root server che controllano i DNS di tutto il mondo, e i famigerati providers che possono staccarti la spina e farti sparire dal mondo virtuale senza tanti perché (Facebook lo fa anche più brutalmente), smentiscono l'idea di un Internet decentralizzato e anarchico.

Il secondo mito crollato è quello della Svezia come l'hanno vista una generazione di italiani vitelloni, immortalati dal grande Alberto Sordi: la terra promessa della libertà sessuale ed emotiva, il luogo dove le relazioni tra i sessi potevano essere semplici, spontanee, delicate. Apprendiamo invece che la Svezia di oggi è la terra di vendicative femministe che sono riuscite a far inserire nel Codice Penale un reato che non esiste da nessun'altraparte, il "Sex by Surprise". Come si fa ad andare a letto con un uomo e sorprendersi che ci si faccia sesso, è la rivelazione che attendiamo nei prossimi mesi... La Svezia che persegue Assange nell'interesse degli USA, tra parentesi, è solo un vago ricordo di quella che - sotto Olof Palme - dava usbergo ai disertori del Vietnam.

Il terzo mito che è caduto è quello, propagato per anni dalla vulgata femminista, della donna eterna vittima del potere maschile. Ricordate quando le femministe affermavano che nessuna donna sarebbe andata incontro alle umiliazioni di un processo per stupro, se non fosse stato per affermare la verità? E che quindi essa andava creduta a prescindere? Era, per usare un gergo tecnico, l' "inversione dell'onere della prova". Il maschio accusato era colpevole fino a prova contraria, era lui a doversi discolpare.

Julian Assange è oggi vittima di un'accusa ridicola, per fatti che in molti paesi occidentali, anche se sussistenti, non costituirebbero comunque reato. Soprattutto è chiaro che l'accusa è un pretesto per fermare l'uomo e al tempo stesso la sua organizzazione, come ha detto senza infingimenti il Ministero degli Esteri italiano, Frattini.

Così oggi il corpo delle donne cessa di essere un campo di battaglia e diventa un'arma, un'arma politica che può essere brandita contro l'avversario di turno, purché incidentalmente maschio. Ne avevamo viste le avvisaglie con Monica Lewinski, astuta accusatrice di Clinton.

In nome della modernità si sta celebrando una faida dal sapore antico. Unica vittima, la libertà.

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