(Grandi) Fratelli d'Italia

Giggi er Puzzone, presenza assidua serale a Campo de Fiori, che ha ereditato una fortuna e proclama orgogliosamente e spudoratamente di essere un evasore totale, completamente sconosciuto al fisco, adesso se la ride a crepapelle. Ed a ragione: l’Agenzia delle Entrate ha diffuso su internet le dichiarazioni dei redditi di tutti noi. Così alla gogna ci sono finiti non gli evasori, ma quelli che le tasse le pagano. E si è scaricata un’ondata enorme di invidia sociale. Ne sa qualcosa Beppe Grillo, livorosamente contestato dai suoi fan per una sola ragione: perché è ricco. Poco da fare, per mezza Italia il denaro è ancora lo sterco del demonio, e la proprietà è un furto. Soprattutto – gli ipocriti – la proprietà degli altri…

Non sono mai stato un grande fan della legge sulla privacy. Trovo che essa abbia avuto il grande demerito di mettere in ombra la parallela riforma sulla trasparenza degli atti amministrativi, e abbia fornito un’arma, o un pretesto - al di là delle buone intenzioni, di cui come sappiamo è lastricata la strada che porta all’inferno – per mantenere una Pubblica Amministrazione opaca e scarsamente accountable.
E tuttavia il tema della privacy è dannatamente serio. Lo Stato detiene enormi banche dati, che vanno trattati con enorme prudenza e con serie garanzie per il cittadino. Basti ricordare che il grande macello dell’Olocausto fu possibile, come gli storici hanno rivelato, grazie alla rudimentale tecnologia delle schede perforate, fornita dalla filiale tedesca della IBM, la Dehomag. Cosa si potrebbe combinare con le moderne tecnologie se non si esercitasse un severo controllo democratico?

Secondo l’Agenzia delle Entrate la ratio del provvedimento è «di favorire una forma di controllo diffuso da parte dei cittadini rispetto all'adempimento degli obblighi tributari». Una sorta di spionaggio collettivo di tutti su tutti sarebbe dunque un atto di “trasparenza”? Lo afferma, oltre a Visco, Marco Travaglio, che fosse per lui pubblicherebbe anche tutte le intercettazioni telefoniche. L’idea di trasparenza che hanno costoro rimanda al Grande Fratello, a un’idea totalitaria dello Stato, e fa davvero rabbrividire. Dovremmo andare in giro nudi e vivere a porte aperte, pur di essere ‘trasparenti’?

È il segno di come si può pervertire un’idea: la trasparenza è uno strumento di controllo del cittadino nei confronti dello Stato, non di controllo del cittadino nei confronti del prossimo. La casa dello Stato deve essere di vetro, la mia ho ben diritto che sia celata a sguardi indiscreti.
Propugnare il "controllo sociale" è un altro modo di confessare il fallimento dello Stato come sistema organizzato di regole.

La pubblicazione dei redditi si fa davvero in tutto il mondo, come ha detto Visco? Non è affatto vero, tanto per cominciare. Dalla Finlandia, la mia amica Helena commenta che – se è vero che i redditi sono pubblici – “non esiste un data bank centrale (orwelliano) che può dire/sapere chi ha pagato l’ultima rata della lavastoviglie oppure se una persona ha visitato una (sic) dentista.... una esagerazione”. E comunque, in Finlandia non esiste la criminalità organizzata. L’Anonima Sequestri – si ricordi - individuava le sue vittime grazie al Libro Rosso di Reviglio. Se dobbiamo imitare i paesi nordici, dunque, imitiamoli dalle loro caratteristiche più civili, a partire dalla virtuale assenza di corruzione.

Tra l’altro, le dichiarazioni dei redditi sono state schiaffate su Internet, cioè spiattellate a tutto il pianeta. Il mercato dei dati è uno dei più ricchi business della società dell’informazione. Tanto per dare un’idea di cosa può significare, la semplice pubblicità degli elenchi telefonici ha consentito a una sola società americana di registrare i cognomi di tutti. Se io voglio il dominio “quintavalle.com” devo pagare. Pagare per usare il mio nome!!!

Una proposta: se c’è tanta voglia di trasparenza perché non mettere su Internet il casellario giudiziario? O il bollettino dei protestati e dei falliti? Non ho alcun reale interesse a sapere quanto guadagna il mio vicino di casa. Sono fatti suoi. Ma credo sarebbe un diritto di tutti sapere con chi abbiamo a che fare, se è un delinquente o una persona per bene. Se il maestro dei miei figli è o meno un pedofilo.

Vogliamo fare una seria operazione di trasparenza? Allora rendiamo disponibili
online le leggi del paese. Per rispettare la legge, come prescrive l'articolo 54 della Costituzione, è necessario conoscerla. Ne deriva che i cittadini hanno il diritto-dovere di conoscere la legge e che lo Stato dovrebbe mettere i testi normativi a disposizione di chiunque voglia e debba conoscerli.
Oggi, l’unico programma per avere leggi e sentenze continuamente aggiornate è la De Agostani professionale, che viene venduta a caro prezzo. Perché bisogna pagare per conoscere le leggi? “Dopo più di un decennio di discussioni, di promesse e di stanziamenti, i cittadini italiani non hanno ancora il diritto di accesso alle leggi dello Stato e a tutta la normativa vigente”, scrive una rivista online, InterLex, che ha fatto una meritoria e decennale battaglia per il Diritto di Accesso alla legislazione.

E se controllo sociale ha da essere perché quella civilissima abitudine di coinvolgere i cittadini nella sorveglianza del territorio, che nei paesi anglosassoni viene chiamata “neighbourhood watch”, qui da noi viene demonizzata parlando di ‘ronde’ e ‘sceriffi’? Perché le telecamere a circuito chiuso che si sono rivelate ovunque efficacissime per combattere il crimine, da noi vengono considerate una intrusione nella privacy? Una preoccupazione ridicola - tra l'altro - per chi è ha avuto un’educazione cattolica ed è abituato all’idea del Grande Occhio senza palpebra di Dio.

Ma in questo strano paese che è l’Italia, e dove tutto va al contrario, ciò che è pubblico (le leggi, il crimine, i comportamenti negli spazi pubblici) viene coperto da privacy, mentre i nostri fatti personali vengono dati in pasto a chiunque. Capirci qualcosa?

Una postilla, interessante per chi come me opera da tempo su Internet. Le dichiarazioni dei redditi com'è noto sono state rimosse poche ore dopo dal sito dell'Agenzia delle Entrate, ma sono ancora in circolazione grazie al circuito P2P. Un tempo potevo ritenere che un documento elettronico, essendo facilmente cancellabile, fosse fluido e correggibile. Adesso scopriamo che la parola digitale ha una stabilità paragonabile a quella scolpita sul marmo: è virtualmente eterna. Attenzione dunque alle tracce che
di sé si lasciano in giro...

Il Grande Fratello (d'Italia) ci guarda...

Commenti

  1. Il commento
    Il populismo di sinistra
    Visco e i redditi in Rete

    Vincenzo Visco (Ap)
    I maligni tireranno in ballo lo stress da mancata ricandidatura e da conseguente perdita di status, ma anche chi come noi ha largamente apprezzato gli straordinari successi ottenuti dal ministro Vincenzo Visco nella lotta all'evasione, non può non giudicare improvvida l'ultima sua sortita.

    Il Pd e quel che resta della sinistra avrebbero bisogno di un po’ di tranquillità per riprendersi dalla botta e ricominciare a macinare (nuova) cultura politica. Per una tradizione che si è fatta sempre vanto di saper ascoltare il disagio sociale, l’aver dovuto ammettere coram populo che i suoi avversari storici sono stati più capaci di rappresentare ansie e timori di ceti medi e lavoratori manuali tradisce il rumore di un sonoro schiaffo. Ma non è con la scorciatoia, rappresentata dalla pubblicazione on line di tutte le dichiarazioni dei redditi, che si riacquista presenza sul territorio, che si riprende a rappresentare il disagio del cittadino globale e lo si incanala in una prospettiva politica.

    L’idea che sembra star dietro alla mossa di Visco è quella di un controllo sociale dal basso, di utilizzare un sistema circolare di gogna per generare riprovazione nei confronti degli evasori totali o parziali. Ma siamo veramente sicuri che tutto ciò aiuti l’efficacia delle politiche pubbliche di recupero fiscale? Pensa davvero il ministro Visco che il voyeurismo web per individuare quanto guadagna il dentista del piano di sopra o il dirigente d’azienda che-ha-appena-comprato-l’attico-che-volevamo-noi porti a una crescita dell’etica pubblica? O non al contrario all’incremento dell’invidia sociale e all’emulazione di comportamenti viziosi? Nella storia, del resto, il controllo sociale diffuso è servito quasi sempre a legittimare regimi al potere o comunque a generare società chiuse e illiberali. E se qualcuno a sinistra pensa che al tanto vituperato populismo della destra berlusconiana si debba finire per contrapporre una robusta demagogia di segno opposto, vale la pena di ricordare come le vicende politiche anche recenti di questo Paese dimostrino che l’indignazione a comando finisce quasi sempre per gonfiare le urne della destra. Non c’era dunque alcun bisogno che Visco, a tempo elettorale ampiamente scaduto, regalasse nuovo consenso ai vincitori delle elezioni e versasse altro sale nelle ferite del Partito democratico. E non c’era nemmeno bisogno che la sua collega Livia Turco entrasse nel mirino del centro-destra per quelle che sono definite «forzature» nell’applicazione della legge 40. La vendetta è uno dei pochi piatti che notoriamente va servito freddo. Caldo, tradisce solo il nervosismo del cuoco che evidentemente ha solo voglia di spegnere i fornelli e andarsene a casa al più presto.

    Dario Di Vico
    01 maggio 2008

    Corriere

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  2. Pensavo che sul punto ci fosse un vuoto normativo o qualcosa di simile, che legittimasse l'operato dell'Agenzia.

    Invece non solo il vuoto normativo non c'è, ma è l'esatto contrario. Una norma sia pur regolamentare esiste (art. 15 del DPR 29 SETTEMBRE 1973, n. 605 aggiornato ai sensi della l. 296/2006) non risulta abrogata e recita testualmente:

    ART.15. SEGRETO D'UFFICIO

    I DATI E LE NOTIZIE RACCOLTI DALL'ANAGRAFE TRIBUTARIA SONO SOTTOPOSTI AL SEGRETO D'UFFICIO.

    "Il Ministero dell'economia e delle finanze ha facolta' di rendere pubblici, senza riferimenti nominativi, statistiche ed elaborazioni relative ai dati di cui al primo comma, nonche', per esclusive finalita' di studio e di ricerca, i medesimi dati, sotto forma di collezioni campionarie, privi di ogni riferimento che ne permetta il collegamento con gli interessati e comunque secondo modalita' che rendano questi ultimi non identificabili".

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