Un uomo felice

Generalmente non sono affezionato agli oggetti, ma ce ne sono tre che mi hanno accompagnato in questo decennio in tutte le mie avventure: i miei sci Solomon Crossmax, che mi hanno regalato momenti di pura gioia sulle Alpi italiane e francesi, la mia Lancia Y rossa, compagna di epiche spedizioni e fughe romantiche, e la mia macchina fotografica, una Canon Eos 650 che mi segue fin dal 1990 in tutti i viaggi, ed alla quale devo - tra l'altro - la conquista di più di una ragazza.

Per i non addetti ai lavori è bene sapere che, così come gli animalisti si dividono in cinofili e gattofili, il mondo dei fotografi è diviso tra Canonisti e Nikonisti (ossia fedeli della Canon o della Nikon): più che una passione una autentica fede che non ammette apostasie.

La mia vecchia Canon ha cominciato a segnare il passo anni fa, e ormai non la usavo più da tempo: in frigorifero conservo ancora qualche rullino che si avvia mestamente vergine alla data di scadenza, come una vecchia zitella. Il colpo di grazia glielo diede l'accidentale distruzione, durante un viaggio in Islanda, del suo superbo obiettivo 28-105, acquistato con i primi sudati risparmi (è la ragione per cui tutte le foto di quel viaggio sono in campo lungo: fui costretto ad usare solo il tele).

Ho provato a sostituirla con una compattina più che dignitosa, una bella Sony Cybershot da 8,1 MP con obiettivo Carl Zeiss ed una sensibilità di ben 1250 ISO. Purtroppo, benché comoda, leggera e versatile, fare fotografia con una compatta è come prendere il caffè mattutino dalla macchinetta, o fare sesso con una donna italiana: non rende l'idea.

Quindi oggi mi sono regalato una Canon EOS 40D. Una bestia in lega di magnesio, pesante, con una velocità di scatto continuo di 6,5 fotogrammi al secondo per una raffica continua di 75 foto, un sensore da 10.1 Megapixel ed un'ampia gamma di funzioni, per utilizzare le quali, ahimè, occorre leggersi l'ennesimo manuale d'istruzioni che rivaleggia per dimensioni con quello di Diritto privato degli anni infelici dell'Università.

Il tutto, compreso un obiettivo 17-55 e una Compact Flash, è venuto oltre 1700€, un prezzo di favore (nel senso che io ho fatto un favore al mio vecchio fornitore di fiducia, su internet mi sarebbe costata molto meno).

Continuo ad avere molte riserve sulla fotografia digitale, ma devo riconoscere che ha almeno un pregio insuperabile: aver restituito al fotografo il controllo sul prodotto, liberandolo da quella autentica maledizione che sono stati i laboratori di stampa. Per quanto sia una pia illusione che i files digitali abbiano una durata superiore, a distanza di anni tutti constatiamo i danni irreversibili di stampe frettolose, con acque dure e fredde, e fissaggi approssimativi: le vecchie foto all'argento si stanno scolorendo.
Il prossimo passo, dunque, è la scannerizzazione di tutti i negativi e le dia che possiedo, o almeno di una scelta selezione: del citato viaggio in Islanda, per esempio, sono già da tempo finiti nella spazzatura tutti i ritratti della mia compagna di allora.

Ecco, a ben vedere, questo è un altro notevole vantaggio della fotografia digitale: la possibilità di decretare la damnatio memoriae delle persone moleste che abbiamo incontrato con un semplice clic.

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