Il camionista del Kent

Purtroppo i giornali non riportano il nome di quel camionista del Kent, padre di due figlie, il quale, quando il governo inglese ha tentato di imporre in tutte le scuole la proiezione del film “An Inconvenient Truth” di Al Gore, si è ribellato denunciandone la visione a senso unico, e il tentativo di fare un «lavaggio del cervello» agli studenti. Gli ha dato ragione l’Alta Corte di Londra, imponendo che al film siano accompagnate spiegazioni che ne moderino gli errori e ne sottolineino le esagerazioni.

In un mondo normale, uno che intitola la sua opera: “La Verità” verrebbe subissato di pernacchie. Invece ha vinto il Premio Nobel.

In un mondo normale, la funzione di contestare le verità ufficiali, le idee ricevute, i luoghi comuni, le esagerazioni allarmistiche, non dovrebbe essere lasciata a un camionista. Ma tant’è. Meno male che rimangono gli inglesi a pensare con la propria testa, allenati da nove secoli di libertà. Perché è la libertà, qui, che è in pericolo, la libertà di pensiero e di decidere il nostro stile di vita. Né più né meno.

Tra il 3 e il 14 dicembre si terrà a Bali la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, l'ultimo, in ordine cronologico, degli incontri sul clima previsti quest'anno. Sembra una buona notizia che così tanti ed eminenti studiosi e politici si riuniscano per vegliare sul nostro bene.
Cercherò di dimostrare, in questo post un po' lunghetto, che invece questi cosiddetti scienziati (demografi, ambientalisti, climatologi) impegnati sui temi dell’ambiente, della popolazione e dello sviluppo non sono affatto in buona fede; che essi hanno precisi interessi nel diffondere la paura di scenari catastrofici; che questo fenomeno può, alla lunga, essere pericoloso per la democrazia.

1) DELLA MALAFEDE DEGLI SCIENZIATI

Stiamo, lentamente ed impercettibilmente, scivolando verso un pensiero unico, catastrofista e declinista, secondo il quale il mondo è sovrappopolato, le risorse sempre più scarse, e il clima sta cambiando per colpa delle attività umane, in primo luogo la produzione di energia. Tali dottrine ci vengono presentate come una verità “scientifica”.

Cosa intendiamo esattamente per “Scienza”? La Scienza, ce lo insegnano sin da piccoli, è ciò che nasce dall’incrocio tra il dubbio metodico cartesiano (mettere tutto in discussione) e il metodo sperimentale di Galileo (“provando e riprovando”): quando un’ipotesi supera il vaglio di una rigorosa verifica essa è, se non la “Verità”, almeno un fatto accertato con un sufficiente grado di obiettività. Possiamo supporre, quindi, che il consenso apparentemente unanime raggiunto dalla comunità accademica sui temi di cui sopra sia il frutto di una ragionata convergenza sulla base di prove sperimentali inoppugnabili.

In realtà non è così: le teorie catastrofiste non hanno un adeguato corredo probatorio. Sono, e restano, ipotesi, non verità. Qualcuno dunque ci sta mentendo.

Strano no? Comunemente abbiamo un pregiudizio favorevole nei confronti degli scienziati, tanto quanto ne abbiamo uno sfavorevole verso i politici. Il mondo della Politica è opaco, si nutre di inconfessabili interessi; laddove il mondo della Scienza ci appare arduo, sì, ma assai più trasparente. Se un uomo politico parla, diamo per scontato che egli ha dei retropensieri, dei secondi fini, che quasi certamente egli mente, anche quando appare più sincero; mentre d’abitudine consideriamo quanto ci dicono gli scienziati e gli studiosi in genere come limpido frutto di un amore genuino, spassionato e disinteressato, per l’Umanità e la Verità.

Eppure anche gli scienziati qualche volta mentono. Per esempio Stephen Schneider, un noto climatologo che negli anni 70 teorizzava l’avvento di una “Piccola Glaciazione”, e che invece oggi è uno dei grandi teorici del riscaldamento globale. Egli ha dichiarato, con disarmante sincerità (o sfacciataggine):

“per un verso, siamo legati eticamente al metodo scientifico, che significa dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità, che significa includere tutti i dubbi, i caveat, i se e i ma. Per l’altro verso non siamo solo scienziati, ma anche esseri umani. E come tutti vorremmo che il mondo fosse un luogo migliore, che in questo contesto si traduce nel lavorare per ridurre il rischio di cambiamenti climatici potenzialmente disastrosi. Per farlo dobbiamo coagulare un ampio supporto, per catturare l’immaginazione del pubblico. Questo, naturalmente, richiede di ottenere un grande attenzione da parte dei media. Quindi dobbiamo offrire scenari terrificanti, fare affermazioni semplicistiche e drammatiche, e accantonare qualunque dubbio possiamo nutrire dentro di noi. Questo “doppio vincolo etico” che così spesso ci troviamo ad affrontare non può essere risolto con una formula. Ciascuno di noi deve decidere il giusto mezzo tra efficacia e onestà”

(Citato in J.L. Simon, “Ultimate resource”, 574)
Sono concetti non dissimili da quelli espressi dal novello premio Nobel per la Pace Al Gore:
“sfortunatamente negli Stati Uniti d’America viviamo ancora in una bolla d’irrealtà. La negazione è un enorme ostacolo alla discussione di qualunque soluzione. A nessuno interessano le soluzioni se pensa che non vi sia un problema. Dato che questo è il punto di partenza, credo sia corretto far leva su una rappresentazione esagerata dei dati di fatto e dei pericoli, in modo da aprire la mente all’uditorio e spingerlo a prestare attenzione alle soluzioni, e a quanto sia importante risolvere questa crisi”.

Insomma, puro Machiavelli: il fine giustifica i mezzi. Solo che Gore è un politico. Perché anche gli scienziati si sono messi a dire le bugie come i politici? Il fenomeno è piuttosto interessante.

2) GLI SCIENZIATI MENTONO PER INTERESSE

Una società moderna progredisce attraverso diversi ambiti di confronto e di competizione, ciascuno governato da una sua propria e distinta logica: la Scienza, la Politica, il Mercato. Ognuno di questi dominii è caratterizzato da idee creative che si confrontano e lottano per imporsi. È diverso, tuttavia, il tipo di verifica cui le idee sono sottoposte. L’idea scientifica passa al vaglio sperimentale, l’idea politica da quello elettorale, l’idea imprenditoriale da quello della domanda. Auspicabilmente, i confini dovrebbero essere netti e precisi: purtroppo non è così. Per buona parte del XIX e del XX secolo, ad esempio, la Politica, diventando Ideologia, ha cercato di farsi Scienza. Oggi, scivola inesorabilmente nel Mercato (non a caso, si parla di “Mercato della Politica”): si portano avanti le idee che vendono bene. Questo fenomeno è assolutamente evidente. È assai meno evidente, invece, che anche la Scienza tende al Mercato, e per esso, al Potere.

Immaginiamo lo scienziato come un tipo distratto e un po' svagato, alieno dai bisogni, dalle passioni e dall’avidità dei comuni mortali. Un po' tra le nuvole, come il Dott. Enigm disegnato da Floyd Gottfredson, che accompagna Topolino in alcune celebri storie degli anni ’40. A questa immagine romantica si contrappone una realtà più prosaica: quando non è direttamente un insider trader, che il giorno prima compra azioni di società che producono sostanze delle quali il giorno dopo egli stesso proclama il potere curativo, facendo schizzare alle stelle il valore di borsa dei propri assets (vedi la ricerca di Ioannidis sul Journal of the American Medical Association, secondo la quale la metà delle scoperte mediche sono false ), è comunque un fund raiser che deve trovare i finanziamenti per le proprie ricerche, e quindi deve convincere i propri finanziatori dell’utilità di ciò che va facendo.
E poi, molto banalmente, è una persona che deve pur mangiare per campare…

Ha scritto lo scienziato e divulgatore inglese Matt Ridley:
“When you tell environmentalists and scientists they have vested interests, too, they get cross. But they do. When your salary depends on keeping the world worried about global warming, resource scarcity, and fear of population growth, would you admit that the whole thing was nothing to worry about?”.
(Down to Earth II, 1999)


Ecco, il circo dei profeti di sventura – ambientalisti, demografi, teorici della scarsità delle risorse – è tutto qui: nei soldi che muove, e che distribuisce. Il punto d’incontro tra Al Gore e l’ambientalismo è nel moto convergente della Politica e della Scienza verso il Mercato. Bisogna “vendere” un’idea, e perciò convincere la gente che è quella giusta. Gli scenari catastrofistici sono un’idea che ha mercato, e c’è chi si è specializzato nel venderla. Come in ogni moderna strategia di marketing, si crea il bisogno per vendere il prodotto. Pazienza se per farlo occorre dire qualche bugia pedagogica: il fine giustifica i mezzi, no?

Ma andiamo avanti e cerchiamo di capire le conseguenze di tutto ciò. Perché dico che la libertà è in pericolo?


3) UN PERICOLO PER LA LIBERTÀ: LA MORTE DELLA POLITICA E IL TRIONFO DELLA METAPOLITICA.


Ne “La fine dello Stato”, uscito da poco in libreria e nel quale ho trovato sorprendenti conferme, Eric Hobsbawm ha teorizzato che:
“il mercato non è un complemento, bensì un'alternativa alla democrazia liberale. Di fatto, esso è un'alternativa a ogni sorta di politica, poiché nega la necessità di decisioni politiche”.
Non condivido le premesse marxiste dello storico, e da liberale credo nell’economia di mercato, ma mi preme sottolineare che quello che io chiamo “scivolamento” della Politica e della Scienza verso il Mercato – cioè in ultima analisi lo spiazzamento della Politica dal suo ruolo centrale di formulare un progetto sociale - è un fenomeno eversivo per la Democrazia.

Occorre intanto osservare che nel loro moto convergente al Mercato, i rapporti di forza tra Scienza e Politica sono cambiati, a tutto favore della prima. Compito della Scienza, un tempo, era spiegare il mondo come è, mentre toccava alla Politica progettare il futuro, avvalendosi, nel caso, degli scienziati. Se prima la Scienza aveva un contenuto esclusivamente descrittivo, ora diventa normativo: è lei ad indicare alla Politica cosa si deve fare per cambiare il mondo. Nel momento in cui dipinge scenari catastrofistici, la Scienza, da fatto pre-politico diventa meta-politico: come ho già spiegato nel mio post sul congresso mondiale dei demografi è ora la Scienza a dettare l’agenda alla Politica, non più il contrario.

Tutto ciò al grande pubblico può sembrare persino auspicabile. Il mondo della Politica ci appare corrotto, mentre quello della Scienza puro e soprattutto scevro da interessi mondani. Ma, come ho cercato di dimostrare, nemmeno gli scienziati sono del tutto disinteressati, anzi competono per il potere e per i soldi cercando di suscitare interesse e consenso popolare.

Quali sono le implicazioni dello spiazzamento della Politica? Nei passati due secoli, la lotta dei popoli è stata diretta a mettere sotto controllo democratico la Politica. Raggiunto questo obiettivo, però, il baricentro del potere si è spostato più avanti, verso la metapolitica, e il compito di progettare e decidere il nostro destino verso sedi sulle quali non abbiamo nessun controllo. La Politica viene svuotata di contenuto, perché non è più lei a decidere il da farsi, chiunque sieda al potere.

Ovviamente, questo è vero in misura variabile: in un paese come la Francia, che mantiene intatto un - talvolta patetico ma eroico - senso della propria identità, la Politica non ci sta affatto a fasi scalzare dalla sua centralità nella definizione dell’interesse nazionale. Ed infatti, la Francia, in controtendenza col resto d’Europa, continua a fare figli, e ad illuminarsi grazie alle centrali nucleari - alla faccia di demografi e ambientalisti. L’Italia, invece, con la sua Politica fragile sostenuta da un pensiero debole, è il paese che più si sta suicidando sull’altare del politicamente ed ambientalisticamente corretto.

In questo senso è chiaro anche il ruolo che sta giocando la stessa Organizzazione delle Nazioni Unite: attribuendo un peso crescente attribuito alle questioni ambientali, demografiche, umanitarie, con la creazione di comitati di esperti e conferenze internazionali (compreso lo stesso IPCC
- Intergovernmental Panel on Climate Change, che ha vinto il premio Nobel), essa cerca di dettare una propria agenda ai governi del mondo. Per tal via indiretta una organizzazione che ha invece largamente fallito la propria missione fondamentale prova a riacquistare autorevolezza, peso, ed influenza. È il “piano B” del nuovo internazionalismo: la conquista del potere senza le responsabilità connesse.

Per carità, nulla nuovo sotto il sole, anche qui: è ciò che tentò di fare anche la Chiesa nel Medioevo. Con il pretesto che ogni scelta del potere poteva avere conseguenze dirette o indirette sulla salvezza delle anime, la conclusione era che il potere, pur libero in linea di principio nelle sue scelte, doveva comunque uniformarsi alle direttive spirituali della Chiesa, la quale dunque si assumeva il diritto di indirizzare teleologicamente l’azione Politica. Era la Respublica Christiana.

Oggi, la nuova Repubblica del Politicamente ed Ambientalisticamente Corretto formula la stessa promessa escatologica: mettere fine al caos discorde e talvolta omicida della Politica, unificare il mondo sotto un’unica legge universale. Oh, per il bene di tutti noi, naturalmente. Ogni dittatura ha al fondo questo contenuto paternalistico: la pretesa di sostituire una più ampia e lungimirante intelligenza collettiva alla limitata comprensione degli individui.

La Scienza propone una nuova religione, senza nemmeno la noia di un’etica e di un Dio, anzi offrendo la consolazione di una pretesa ‘razionalità’ immanente. Lo scienziato è il novello sacerdote, la sua totale dedizione al lavoro è simile all’ascetica dedizione alla preghiera del monaco medievale, il suo cubicolo nel moderno centro di ricerca è del tutto paragonabile alla cella di un monastero. L’internazionalismo cosmopolita della classe accademica rammenta sinistramente quello degli ecclesiastici nella Respublica sub Deo. Il distacco dal mondo tuttavia è solo apparente: come i grandi monasteri erano centri di potere la cui influenza si irradiava molto lontano, anche la ricerca moderna parte dalle sue torri d’avorio ed entra nel mondo per rilevare il potere dalle mani di chi, secondo lei, lo sta usando a fini perversi.

Uguali sono gli scenari apocalittici alla fine della narrazione, uguale la promessa di salvezza.
Non cambia la posta in gioco: potere e soldi.

4) RIBELLARSI AL PENSIERO UNICO: PER UN’ETICA DEL POLITICAMENTE ED AMBIENTALISTICAMENTE SCORRETTO.

Appare paradossale che i giovani nerovestiti che protestano nelle piazze contro la globalizzazione ed il pensiero unico dei tecnocrati dell’economia, accettino invece senza fiatare, anzi sostengano, il nuovo ruolo delle tecnocrazie scientifiche e il pensiero unico che esse tendono a spacciare come “Scienza”. Tuttavia ciò non è senza ragione.

La vulgata secondo cui il mondo è sovrappopolato, il clima sta cambiando, e bisogna mettere degli argini allo sviluppo non nasce dal nulla: essa è figlia delle correnti decliniste che da sempre profetizzano, favoriscono e caldeggiano la fine dell’Occidente. Ambientalismo, demografia, climatologia, femminismo, ed in genere tutti i fenomeni Politically Correct sono i grandi avvocati del suicidio dell’Occidente. Logico quindi che le forze antiprogressiste si allineino.

Ho cercato di dimostrare che esiste un serio problema di controllo democratico della Scienza. Ciò, a prima vista sembra un controsenso. Lo status prepolitico riconosciuto alla scienza sembrerebbe metterla al di fuori della discussione democratica: ciò che dice uno scienziato, non sembra opinabile, se non da altri scienziati. Il popolo dovrebbe rimanere silente ad assistere, ed accettare le conclusioni della comunità accademica senza obiezioni, pagando i relativi costi.
Mutatis mutandis
, è lo stesso scenario delle dispute teologiche medioevali: riservate ai sapientes, e nelle quali il volgo non aveva da mettere bocca, solo subirne le conseguenze.
Il cittadino democratico ha invece il diritto e il dovere di interloquire: in fin dei conti, i soldi che si spendono per queste ricerche, e per la loro diffusione e popolarizzazione attraverso i programmi scolastici, sono suoi.
Nel momento in cui ci rendiamo conto che la vulgata ambientalista non è pura verità scientifica - ma frutto di precise posizioni politiche ed ideologiche, ed inoltre di interessi molto materiali, e che quindi le scelte che si prendono non sono obbligate, ma tali da influenzare lo stile di vita di tutti noi - abbiamo diritto di discuterne, e di riappropriarci del nostro destino.
Occorre rifiutare le verità ricevute presentate come Scienza, facendo proprio come il camionista del Kent: il quale è forse l’avanguardia di una rivoluzione “lowbrow”, di gente comune che ha rifiutato di portare i cervelli all’ammasso.


Commenti

  1. "Climategate"
    6 febbraio 2010

    Il parlamento britannico ha aperto un’inchiesta per capire se i climatologi hanno effettivamente alterato i risultati scientifici sul riscaldamento globale.

    Dalla metà di novembre, quando alcuni hacker si sono introdotti nei server dell’università dell’East Anglia, in Gran Bretagna, e hanno divulgato su internet la corrispondenza privata di diversi climatologi, il Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu (Ipcc) è al centro di diverse polemiche.

    Le email della discordia. Alcuni passaggi di quelle conversazioni, spiega Le Monde, rivelavano la volontà di alcuni scienziati, molti dei quali membri dell’Ipcc, di non condividere tutti i dati a disposizione e una forte ostilità nei confronti dei climatologi scettici verso la teoria del riscaldamento globale. Ma quelle informazioni non erano sufficienti a mettere in discussione i risultati scientifici.

    Ma negli ultimi giorni il caso è stato riaperto, alimentato soprattutto dalle accuse il quotidiano britannico conservatore Sunday Telegraph. In particolare, il giornale ha accusato Rajendra Pachauri, presidente dell’Ipcc, di approfittare della sua posizione per accumulare contratti con imprese interessate alle politiche legate al cambiamento climatico, traendone vantaggi personali. Pachauri ha smentito e respinto ogni accusa. Il 22 gennaio, però, la Commissione delle scienze e delle tecnologie del parlamento britannico ha aperto un’inchiesta parlamentare sul caso. Le conclusioni sono attese per marzo.

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