Semaforo rosso agli abusi

La vicenda dei semafori di Segrate merita un commento.
A Segrate semafori dotati di telecamera sono stati sequestrati perché si sospetta che la società concessionaria abbia artatamente diminuito i tempi del giallo per aumentare il numero di multe, sulle quali ricava una percentuale.
Un caso di furbismo italico, dunque, ma che serve ad introdurre un discorso critico sul modo in cui le amministrazioni comunali gestiscono il settore delle infrazioni al codice della strada, e quindi sul complesso rapporto tra italiani e legalità. Contestare infrazioni al codice della strada è diventato un veloce ed indolore metodo di finanziamento per le casse dei comuni, una vera tassazione impropria, ed una voce di entrata sempre più importante nei bilanci degli enti locali.
Sotto un piano di puro diritto amministrativo questo modo di agire è viziato sotto due profili:

1) Conflitto di interessi: se gli automobilisti italiani diventassero improvvisamente disciplinati, ciò porterebbe a un decremento netto delle entrate delle amministrazioni locali. Il fatto che proventi delle ammende siano diventati un modo di finanziamento ordinario vuol dire che l’amministrazione ha un interesse a che le infrazioni aumentino, mentre dovrebbe essere portatrice dell’interesse esattamente contrario, quello alla sicurezza stradale. Di conseguenza, l’amministrazione non fa nulla per diminuire le infrazioni, anzi nel caso di Segrate, crea ad arte le condizioni per commetterne di nuove.

2) Eccesso di potere per sviamento di potere: è una delle figure sintomatiche dell’illegittimità dell’atto amministrativo. È sussistente “quando l’atto appaia indirizzato a un fine diverso da quello per cui l’ordinamento lo volle istituzionalmente preordinato” (TAR Lazio, sentenza 247 del 1978). Insomma, quando un potere pubblico è dato per un fine, ma è utilizzato per un altro scopo, anche se l’atto è fondamentalmente ineccepibile. La fertile fantasia delle amministrazioni locali si è prodotta in questi anni in un’inesauribile serie di atti viziati. Come quando qualche sindaco pensa di combattere la prostituzione su strada multando i clienti per divieto di sosta…

Al di là degli aspetti giuridici, il vizio più grande è sociologico, e sta nel rafforzare nei cittadini l’idea atavica e radicata che la legge dello Stato non è una norma di comportamento valida per tutti (anche e soprattutto per chi la pone), ma uno strumento vessatorio a disposizione del potente di turno.
Il semaforo di Segrate è, insomma, l’ultima versione del famoso motto giolittiano per cui “La legge si interpreta agli amici e si applica ai nemici”.
Questo atteggiamento dei poteri pubblici fornisce di alibi gli eterni furbi che, colti in flagrante in un comportamento comunque illecito, potranno gridare (non senza qualche ragione) all’ingiustizia e alla disparità di trattamento.
Mentre occorrerebbe stimolare il civismo e trasformare l’obbedienza alle regole in un gioco cooperativo.

In mancanza di autocontrollo, occorre limare per legge le unghie rapaci dei comuni: stabilendo per esempio che i fondi provento delle multe non entrino nei bilanci comunali ma siano destinati ad interventi sulla sicurezza stradale. Innestando un circolo vizioso che porti col tempo a diminuire, anziché aumentare, le infrazioni al Codice della Strada.

Commenti

  1. Leggo il post come una boccata d'aria fresca e gioisco a sapere che già esiste una legge contro la nota frase "Le casse del Comune sono vuote, piazzate l'autovelox."

    Trovo splendida l'idea di destinare i fondi delle contravvenzioni alla sicurezza stradale: basterebbe etichettarli per il rifacimento del manto d'asfalto, e gli incidenti diminuirebbero di una buona percentuale. Bisognerebbe però impedire che l'assessore di turno potesse decidere di installare dell'arredo urbano, come lo si chiama oggi, ovvero delle più o meno casuali installazioni di porfido o granito che dovrebbero in teoria abbellire la strada ed in realtà bloccano il traffico durante la posa, aumentano il rumore durante il transito normale e richiedono spese triple per la manutenzione.

    ... ma temo che, come al solito, non se ne farà nulla.

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