Col Muro era meglio
Oggi la Germania festeggia 17 anni di unità. Per chi se la cava col tedesco, sul sito del Welt c’è un test per mettere alla prova la propria conoscenza della DDR. “65% korrekt beantwortet” è stato il mio risultato, e chi vuol capire capisce…
Il 9 novembre dell’89, quando cadde il muro di Berlino, la tv italiana si mise a trasmettere le immagini in diretta, con la Nona Sinfonia come sottofondo. Non potevo trattenere le lacrime, assistendo alla più grande evasione in diretta televisiva della storia. Poco dopo, mi trovavo in viaggio alla volta di Berlino, insieme ad un amico tedesco che voleva vivere l’evento (“ti va di venire a Berlino con me, Dario?” “Sarebbe fantastico, quando partiamo?” “Tra un’ora” “Facciamo mezza”). Un sito molto bello che descrive quei giorni inebrianti è questo.
Col senno di poi, l’unificazione ha fatto parecchi danni a tutti.
La Germania, non più piegata dal rimorso, ha cominciato a muoversi sulla scena mondiale con la grazia di un elefante in una cristalleria. Il riconoscimento unilaterale dell’indipendenza della Slovenia (con l’obiettivo di attrarre questo piccolo paese nella sua orbita geopolitica e crearsi uno sbocco al Mar Mediterraneo alternativo all’Italia) ha ignito la guerra civile jugoslava. Negli anni Novanta abbiamo finito per pagare un po' tutti, in Europa, i conti dell’unificazione tedesca: noi italiani soprattutto con la crisi economica del 1992. E non è un mistero che un certo movimento secessionista del nord Italia sia stato ispirato e finanziato dalla Germania. La quale, peraltro, ha anche grosse responsabilità nella secessione della Cecoslovacchia.
Alla fine, non è stato un grande affare nemmeno per i tedeschi dell’Est. La Germania orientale è entrata dalla porta principale in Europa, senza dover fare nessun esame, da pari a pari con i ‘fratelli’ dell’ovest. C’era, in fondo, un mica tanto innocente pregiudizio razziale sul ‘Volk’: un tedesco è sempre un tedesco, dovunque viva. È lo stesso principio per cui ancora oggi un Tedesco del Volga può avere la cittadinanza iure sanguinis, mentre un turco anche se nato in Germania rimarrà sempre un gastarbeiter.
Non dovendosi guadagnare il biglietto di ritorno in Europa, i tedeschi dell’est sono rimasti nella beata convinzione che il benessere fosse loro dovuto, e così, dal comunismo all’assistenzialismo federale, la Germania oltre l’ex-Muro rimane un paese dipendente e scarsamente dinamico.
Invece, i paesi dell'ex Patto di Varsavia che hanno dovuto negoziare duramente con Brussel l’Allargamento hanno dovuto fare sforzi di ogni tipo, ed in pochissimo tempo, per adeguare la loro mentalità e la loro legislazione alle nuove regole dell’Europa unita. Con il risultato che si sono messi a lavorare come matti, ed oggi la piccola Lettonia – per esempio – ha un tasso di crescita superiore a quello cinese.
Tra i danni collaterali dell’unificazione posso mettere anche qualche vicenda personale, come il (quasi) fatale incontro con una patologica proffa tedesco-orientale, calda ed affettuosa come un frigorifero islandese: innamoratomene, cominciai a fare avanti ed indietro verso quelle piatte lande, altrimenti poco attraenti (addirittura, una volta coprii in macchina tutta la distanza tra Ginevra e Berlino in una sola notte), e per lei sarei stato anche capace di mollare la mia carriera per andare lì a fare il pizzaiolo. Le mie amiche giudicano ciò una prova del mio innato romanticismo, io della mia incurabile imbecillità. La persona oggetto di tanti sforzi se ne mostrò indegna, e fortunatamente rinsavii: si può però comprendere e scusare il fatto che preferivo l’Est quando era circondato dal filo spinato e dai Vopos.
Anch'io dunque, soffro nel mio piccolo di "Ostalgie", e, riscaldato da questo bel sole d’Ottobre italiano, recito i versi del Petrarca:
Il 9 novembre dell’89, quando cadde il muro di Berlino, la tv italiana si mise a trasmettere le immagini in diretta, con la Nona Sinfonia come sottofondo. Non potevo trattenere le lacrime, assistendo alla più grande evasione in diretta televisiva della storia. Poco dopo, mi trovavo in viaggio alla volta di Berlino, insieme ad un amico tedesco che voleva vivere l’evento (“ti va di venire a Berlino con me, Dario?” “Sarebbe fantastico, quando partiamo?” “Tra un’ora” “Facciamo mezza”). Un sito molto bello che descrive quei giorni inebrianti è questo.
Col senno di poi, l’unificazione ha fatto parecchi danni a tutti.
La Germania, non più piegata dal rimorso, ha cominciato a muoversi sulla scena mondiale con la grazia di un elefante in una cristalleria. Il riconoscimento unilaterale dell’indipendenza della Slovenia (con l’obiettivo di attrarre questo piccolo paese nella sua orbita geopolitica e crearsi uno sbocco al Mar Mediterraneo alternativo all’Italia) ha ignito la guerra civile jugoslava. Negli anni Novanta abbiamo finito per pagare un po' tutti, in Europa, i conti dell’unificazione tedesca: noi italiani soprattutto con la crisi economica del 1992. E non è un mistero che un certo movimento secessionista del nord Italia sia stato ispirato e finanziato dalla Germania. La quale, peraltro, ha anche grosse responsabilità nella secessione della Cecoslovacchia.
Alla fine, non è stato un grande affare nemmeno per i tedeschi dell’Est. La Germania orientale è entrata dalla porta principale in Europa, senza dover fare nessun esame, da pari a pari con i ‘fratelli’ dell’ovest. C’era, in fondo, un mica tanto innocente pregiudizio razziale sul ‘Volk’: un tedesco è sempre un tedesco, dovunque viva. È lo stesso principio per cui ancora oggi un Tedesco del Volga può avere la cittadinanza iure sanguinis, mentre un turco anche se nato in Germania rimarrà sempre un gastarbeiter.
Non dovendosi guadagnare il biglietto di ritorno in Europa, i tedeschi dell’est sono rimasti nella beata convinzione che il benessere fosse loro dovuto, e così, dal comunismo all’assistenzialismo federale, la Germania oltre l’ex-Muro rimane un paese dipendente e scarsamente dinamico.
Invece, i paesi dell'ex Patto di Varsavia che hanno dovuto negoziare duramente con Brussel l’Allargamento hanno dovuto fare sforzi di ogni tipo, ed in pochissimo tempo, per adeguare la loro mentalità e la loro legislazione alle nuove regole dell’Europa unita. Con il risultato che si sono messi a lavorare come matti, ed oggi la piccola Lettonia – per esempio – ha un tasso di crescita superiore a quello cinese.
Tra i danni collaterali dell’unificazione posso mettere anche qualche vicenda personale, come il (quasi) fatale incontro con una patologica proffa tedesco-orientale, calda ed affettuosa come un frigorifero islandese: innamoratomene, cominciai a fare avanti ed indietro verso quelle piatte lande, altrimenti poco attraenti (addirittura, una volta coprii in macchina tutta la distanza tra Ginevra e Berlino in una sola notte), e per lei sarei stato anche capace di mollare la mia carriera per andare lì a fare il pizzaiolo. Le mie amiche giudicano ciò una prova del mio innato romanticismo, io della mia incurabile imbecillità. La persona oggetto di tanti sforzi se ne mostrò indegna, e fortunatamente rinsavii: si può però comprendere e scusare il fatto che preferivo l’Est quando era circondato dal filo spinato e dai Vopos.
Anch'io dunque, soffro nel mio piccolo di "Ostalgie", e, riscaldato da questo bel sole d’Ottobre italiano, recito i versi del Petrarca:
Ben provide Natura al nostro stato,
quando de l'Alpi schermo
pose fra noi et la tedesca rabbia;
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