These Happy Days were yours and mine

“Fonzie attacca Nanni Moretti” titola il Corrierone. Pare che in un suo film, “Aprile”, Moretti esclami “me li ricordo alla Fgci, sono cresciuti vedendo Happy Days. È la loro formazione politica, morale, culturale”. Happy Days, dunque, come sinonimo di qualunquismo. Ed Henry Winkler, l’attore che impersonava l’indimenticabile Fonzie, se l’è presa.

Orbene, mi pregio di essere uno di quelli che è cresciuto guardando “Happy Days”. Altro che qualunquismo. Forse è impossibile spiegare alla generazione della playstation, ai balordi mascherati che manifestano contro la (benedetta!) globalizzazione, che cosa poteva significare, per dei ragazzini cresciuti alla fine anni 70, vedere i telefilm americani. Soprattutto in una famiglia di ceppo meridionale, con genitori educati sotto il fascismo, fortemente gerarchizzata, dove non si poteva discutere ma solo obbedire, il pranzo era un rito plumbeo che cominciava con una specie di interrogatorio sulle cose fatte nella giornata, uscire di casa era possibile solo dopo aver superato una specie di controllo di frontiera, col gendarme che immancabilmente recitava la litania: “Dove vai, con chi vai, quando torni”, e poi restava alzato la notte ad aspettare, solo per fartelo pesare. Ci ammonivano che "la casa non è un albergo", e in effetti somigliava tanto a una prigione. Allora si accendeva la televisione, nel tardo pomeriggio, dopo i compiti, e in casa entrava la rivoluzione. Le varie famiglie Partridge, Bradford, Cunningham, ci raccontavano di un altro mondo dove in famiglia si poteva discutere armoniosamente, senza urlare, e i genitori non erano lontane e capricciose divinità incapaci di signoreggiare i propri umori, ma amici. Ci si poteva confidare con loro e riceverne risposte sensate e pacate, senza temerne scoppi d’ira incontrollabili, o peggio, botte. Sembrava fantascienza.

Sì, certo, era un’altra America, non aveva il volto paranoico di Bush, proponeva senza arroganza valori positivi e modelli sani. Fatta eccezione per un giurista colto e scanzonato come Guglielmo Negri - che ricordava nei suoi anni tardi, in un suo libro, l’influsso positivo di Topolino nella sua formazione - gli intellettuali, algidi e libreschi, inorridiscono all'idea che siano queste le nostre radici: ma è così, siamo cresciuti con Topolino, Snoopy, Fonzie, e con l'utopia democratica e pacifista di Star Trek.

Forse, oggi, ragazze costrette sotto un velo provano le stesse cose, guardando in tv le loro disinibite coetanee occidentali: e come noi allora, sognano la libertà. Non la magniloquente libertà politica che si esprime in comizi ed elezioni, ma quella più semplice dei sentimenti, delle emozioni e dei comportamenti: la più eversiva di tutte.


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Citato nel blog di Mauro Cicognini

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