Puttanesimo integrale
Una tredicenne di Ascoli Piceno, raccontano i giornali, aveva messo su un bel business: vendeva foto osè di sé stessa, scattate col videofonino, ai compagnucci di scuola.
Perché stupirsene? Se una diciottenne senza arte né parte può fare carriera e guadagnare improvvisamente un sacco di soldi spogliandosi per un calendario, logico che una tredicenne pensi che è lecito fare la stessa cosa, con mezzi più artigianali. La bimba, peraltro, nemmeno può essere accusata di venalità: il tariffario era di tre euro per una immagine del seno, quattro per le parti intime, dieci per la figura intera. Prezzi modici, quindi, lontani dai cachet stratosferici delle veline.
Da tempo vado affermando che il moderno culto del corpo e del nudo ha perso ogni connotazione sensuale e seduttiva, per ridursi a uno strumento di autoaffermazione. Insomma, non è più un gioco interrelazionale uomo-donna, ma un esercizio autoreferenziale che impone stili e comportamenti, nel presupposto indimostrato che essi siano autentici e accettabili.
Il mondo femminista, o quel che ne resta, è totalmente silente di fronte a questo fenomeno di ‘petty prostitution’: e pour cause. Avendo sempre spiegato i comportamenti devianti femminili come una derivata del rapporto uomo-donna, interpretato nell'ottica deformata dello schema marxiano dell’oppressione e dello sfruttamento, si trova a malpartito di fronte a un mercimonio che è capitalismo puro, allo stato brado, e che vede nelle donne le prime attrici.
La donna che si vende profittando delle sue doti naturali - nelle forme infantili e scollacciate del calendario, ovvero in modo più sublimato e indiretto - non vi è costretta da nessuno, ma partecipa da consapevole protagonista a un mercato sempre più fiorente e redditizio perchè incoraggiato da un'offerta praticamente illimitata. E scalza le sue concorrenti donne, alla faccia di ogni pretesa ‘sorority’, usando tutte le armi a disposizione, gioventù e bellezza in primo luogo. La tredicenne sporcacciona annuncia l’astuta manager si sé stessa che sarà da adulta.
Perché stupirsene? Se una diciottenne senza arte né parte può fare carriera e guadagnare improvvisamente un sacco di soldi spogliandosi per un calendario, logico che una tredicenne pensi che è lecito fare la stessa cosa, con mezzi più artigianali. La bimba, peraltro, nemmeno può essere accusata di venalità: il tariffario era di tre euro per una immagine del seno, quattro per le parti intime, dieci per la figura intera. Prezzi modici, quindi, lontani dai cachet stratosferici delle veline.
Da tempo vado affermando che il moderno culto del corpo e del nudo ha perso ogni connotazione sensuale e seduttiva, per ridursi a uno strumento di autoaffermazione. Insomma, non è più un gioco interrelazionale uomo-donna, ma un esercizio autoreferenziale che impone stili e comportamenti, nel presupposto indimostrato che essi siano autentici e accettabili.
Il mondo femminista, o quel che ne resta, è totalmente silente di fronte a questo fenomeno di ‘petty prostitution’: e pour cause. Avendo sempre spiegato i comportamenti devianti femminili come una derivata del rapporto uomo-donna, interpretato nell'ottica deformata dello schema marxiano dell’oppressione e dello sfruttamento, si trova a malpartito di fronte a un mercimonio che è capitalismo puro, allo stato brado, e che vede nelle donne le prime attrici.
La donna che si vende profittando delle sue doti naturali - nelle forme infantili e scollacciate del calendario, ovvero in modo più sublimato e indiretto - non vi è costretta da nessuno, ma partecipa da consapevole protagonista a un mercato sempre più fiorente e redditizio perchè incoraggiato da un'offerta praticamente illimitata. E scalza le sue concorrenti donne, alla faccia di ogni pretesa ‘sorority’, usando tutte le armi a disposizione, gioventù e bellezza in primo luogo. La tredicenne sporcacciona annuncia l’astuta manager si sé stessa che sarà da adulta.
Non stupisce che episodi del genere avvengano soprattutto in Italia: la donna italiana è, tra le occidentali, quella meno emancipata di tutte, avendo interpretato (siamo pur sempre il paese dei furbi) l’emancipazione in senso non egualitaristico, ma utilitaristico. Vuole le pari opportunità, le quote rosa in parlamento, certo, ma poi al ristorante il conto lo deve comunque pagare l’uomo, che, ci mancherebbe altro!, deve essere, anche nel XXI secolo, “cavaliere”.
Dove manca la responsabilità, la libertà diventa rapidamente arbitrio. Dove manca il rispetto degli altri, è facile si perda anche il rispetto per sé stesse.
Commenti
Posta un commento