Junichiro mon amour
L’anno scorso Junichiro Koizumi, primo ministro del Giappone, intimò ai dipendenti statali del suo paese di andare in ufficio senza giacca e cravatta, in modo da poter risparmiare sul condizionamento degli uffici; per dare il buon esempio, presiedette il consiglio dei ministri in maniche di camicia. Il suo appello non è stato raccolto da nessun governante europeo, men che mai dai nostri. A Roma oggi fa 38°, le donne girano seminude, ma si suppone che un uomo serio debba comunque andare in ufficio in giacca e cravatta.
Non ho mai capito il nesso tra serietà e vestiti. Le cronache ci mostrano rapaci bancarottieri vestiti in modo impeccabile e rassicurante, crudeli dittatori in uniformi stirate. Sappiamo che l’abito non fa il monaco, ma vogliamo comunque vedere i monaci col saio.
I cosiddetti ‘creativi’ della moda non sono riusciti a inventare per noi uomini niente di diverso da quello che indossavano i nostri nonni. Soprattutto resiste, imperterrito, il nodo scorsoio al collo, il legato più durevole della Croazia all’umanità: la cravatta.
Anni fa, ero allievo dei corsi di formazione dirigenziale presso la Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione, dove vigeva il dress code dell’ abbigliamento “consono”. L’aria condizionata, in pieno luglio era rotta, e mi presentai a scuola in bermuda, sandali, camicia hawaiana, per lo scandalo del direttore che non credeva ai suoi occhi. Fui caldamente 'consigliato' a ritornare in pantaloni lunghi, ma ottenni che venisse riparato il condizionamento, e in ogni caso venisse abolito l’obbligo della giacca-e-cravatta in estate.
Lungi da me l’immodesto paragone con Koizumi, ma l’esercizio della leadership richiede sempre una mossa imprevista e coraggiosamente controcorrente. Essa è una manifestazione di fiducia in sé, di noncuranza dell’opinione comune, di affermazione di nuovi stili e nuove idee.
Lasciamo pure che il gregge dica: “non è beeeeehhhh…llo”: seguirà disciplinatamente.
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