Un marziano a Roma



La nuova teca dell’Ara Pacis di Richard Meier, inaugurata oggi in occasione del Natale di Roma, insiste su uno dei luoghi più sconvolti e tormentati del Centro Storico. Qui erano il porto di Ripetta dello Specchi, l’Anfiteatro del Corea, poi Auditorium: tutto scomparso. Il posto sembra avere un richiamo irresistibile per il piccone demolitore. Il risultato di cento anni di interventi è uno sfigatissimo cratere senza senso in pieno Centro Storico.

In sé l’opera di Meier non è brutta: al contrario ricorda simpaticamente un villone californiano. Solo, sembra essere piombata lì come l’astronave aliena del marziano a Roma di Flaiano: non c'entra niente col contesto, non dialoga coi monumenti circostanti. La sua gioiosa luminosità, vero manifesto dell'architettura-spettacolo, sottolinea crudele il lugubre mortorio della piazza Augusto Imperatore, con i palazzoni fascisti e il relitto del Mausoleo di Ottaviano.
Nessuna nostalgia ovviamente per la vecchia teca: se si è potuto buttar giù il capolavoro dello Specchi, pazienza per Ballio Morpurgo. Però è stata persa clamorosamente l'occasione di ripensare e rimodellare tutta l’area: si vede che mancava – nell’amministrazione comunale committente - il respiro strategico. La teca è nuova, ma il concetto urbanistico è vecchio, in paradossale continuità con la peggiore urbanistica fascista. Con maggiore coraggio, ad esempio, si sarebbe potuto immaginare un impiego nuovo per il "dente cariato" del Mausoleo di Augusto, come anni fa suggeriva - inascoltato - Bruno Zevi.

Accontentiamoci: a Roma si comincia a vedere qualcosa di nuovo dopo mezzo secolo di stagnazione. La nuova Ara Pacis è una bella pensata, ma niente di più.

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Sullo stesso tema, in questo blog "Un marziano a Roma 2"

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