Utzon, poeta delle vele
La notizia della sua morte mi ha inspiegabilmente commosso. Se c’è stato un artista che ha meritato, nel XX secolo, la definizione di ‘visionario’ è stato lui, il danese Jørn Utzon, il cui nome è indissolubilmente legato alla magnifica Opera House di Sidney, la sua creazione più importante. Figlio di un architetto navale, pensò a una struttura che rievocasse le vele di una nave, all'ingresso del porto di quella che fu Botany Bay.
Un progetto ardito: si era negli anni Cinquanta, il cemento era l’ultimo grido in fatto di materiali costruttivi, Pierluigi Nervi ne esplorava a fondo tutte le possibilità. Inoltre, da non dimenticare, non esistevano computer e programmi di progettazione; il Cad era ancora da venire e Utzon disegnò la sua opera a matita.
Non fu dunque la prima delle Archistar, ma l’ultimo dei grandi artigiani e poeti dell’architettura. Sidney che lo trattò male, revocandogli l’incarico (il progetto finale realizzò solo in parte la sua invenzione), oggi lo piange. L’immagine della città è indissolubilmente legata all’Opera di Utzon, che è l’equivalente della Statua della Libertà o della Torre Eiffel, ed un invincibile ed eterno monumento alla bellezza.
Solo nel 2003 gli fu conferito il premio Pritzker, il Nobel dell’Architettura. Troppo in anticipo sul suo tempo, lo salutiamo col rimpianto di sapere che - se fosse stato capito - avrebbe potuto fare assai di più.
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