La Casta, quanto ci costa
Gian Antonio Stella ha fatto fortuna scrivendo libri come “La casta” e “La deriva”, sugli innumerevoli sprechi del pubblico denaro ad opera di politici ed amministratori. Peccato si sia dimenticato di una particolare categoria: la sua.
Consiglio vivamente, dunque, la lettura di, “La Casta dei Giornali”, di Beppe Lopez, un documentato libro sul finanziamento pubblico ai giornali, ormai arrivato alla scandalosa cifra di un miliardo di €uro.
La nobile giustificazione di questa megaelargizione, che va a tutte le testate, è che essa serve a garantire la libertà di stampa. L’idea che la libertà debba essere garantita coi soldi dallo Stato mi sembra tanto assurda quanto quella di fare la rivoluzione d’accordo con i Carabinieri. Semmai è la stampa, in un paese liberale, che deve garantirci dallo Stato, dalla sua invadenza, senza compromessi e soprattutto, senza mance.
Chi deve criticare il potere sarebbe più credibile se non lo facesse con i soldi elargiti dal potere stesso, e partecipando dei suoi vizi. Infatti le vendite dei giornali sono storicamente ferme, avendo avuto una sola impennata, ai tempi di “Mani Pulite”.
Non dovendo fare lo sforzo di trovarsi dei lettori, i giornali italiani sono diventati dei prodotti illeggibili e soprattutto inutili, che cero non disturbano il manovratore. Non per caso: il giornalismo è una delle principali vie d’accesso alla politica, la quale a sua volta è una delle professioni meglio remunerate in questo Paese. E “non si sputa nel piatto dove si mangia”, dice il proverbio.
Che poi questo sistema di finanziamento non serva affatto a tutelare le voci libere è provato, a posteriori, dal fatto che non ha salvato “La Voce” di Indro Montanelli dalla sparizione. Eppure si trattava di un prodotto innovativo e del maggior giornalista italiano del nostro tempo.
Convinti di essere gli unici interpreti autorizzati dell’ “opinione pubblica”, i giornalisti confondono la loro libertà con la libertà di tutti. Ma la libertà di stampa, si tende a dimenticarlo, non è fine a sé stessa, bensì è strumentale rispetto a quelle fondamentali - di pensiero, parola e opinione. E mai è stato così facile ed economico, nella storia, far circolare il proprio pensiero.
Nell’era di Internet, quando chiunque – gratuitamente - può aprirsi un blog e dare voce alle proprie idee, non mi pare che la libertà di parola e di pensiero possano dirsi minacciate.
Si veda il successo del Blog di Grillo, che a me non piace, ma certo mobilizza le masse molto più della maggior parte dei giornali.
Il finanziamento pubblico ai giornali è una deviazione dirigistica dal libero mercato e dalla democrazia economica. Il cittadino viene espropriato del diritto di scegliere a chi dare i propri soldi, è forzato a finanziare idee che non condivide, e alla fine, se va in edicola, si trova a pagare lo stesso prodotto due volte: come lettore e come contribuente.
Una volta che il finanziamento pubblico sarà abolito, forse i nostri giornali penseranno meno al gossip (Corriere) o all’astrattismo ideologico (Manifesto) e faranno quello che fanno tutti i giornali del mondo per vendere: dare notizie.
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Chi deve criticare il potere sarebbe più credibile se non lo facesse con i soldi elargiti dal potere stesso, e partecipando dei suoi vizi. Infatti le vendite dei giornali sono storicamente ferme, avendo avuto una sola impennata, ai tempi di “Mani Pulite”.
Non dovendo fare lo sforzo di trovarsi dei lettori, i giornali italiani sono diventati dei prodotti illeggibili e soprattutto inutili, che cero non disturbano il manovratore. Non per caso: il giornalismo è una delle principali vie d’accesso alla politica, la quale a sua volta è una delle professioni meglio remunerate in questo Paese. E “non si sputa nel piatto dove si mangia”, dice il proverbio.
Che poi questo sistema di finanziamento non serva affatto a tutelare le voci libere è provato, a posteriori, dal fatto che non ha salvato “La Voce” di Indro Montanelli dalla sparizione. Eppure si trattava di un prodotto innovativo e del maggior giornalista italiano del nostro tempo.
Convinti di essere gli unici interpreti autorizzati dell’ “opinione pubblica”, i giornalisti confondono la loro libertà con la libertà di tutti. Ma la libertà di stampa, si tende a dimenticarlo, non è fine a sé stessa, bensì è strumentale rispetto a quelle fondamentali - di pensiero, parola e opinione. E mai è stato così facile ed economico, nella storia, far circolare il proprio pensiero.
Nell’era di Internet, quando chiunque – gratuitamente - può aprirsi un blog e dare voce alle proprie idee, non mi pare che la libertà di parola e di pensiero possano dirsi minacciate.
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Il finanziamento pubblico ai giornali è una deviazione dirigistica dal libero mercato e dalla democrazia economica. Il cittadino viene espropriato del diritto di scegliere a chi dare i propri soldi, è forzato a finanziare idee che non condivide, e alla fine, se va in edicola, si trova a pagare lo stesso prodotto due volte: come lettore e come contribuente.
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