Ultima Lettera al Direttore
Gentile direttore,
disturbato dalla virtuale sparizione delle notizie serie dal Corriere della Sera, mi sono preso la briga di calcolare quanta parte del giornale da Lei diretto è occupato da pubblicità. Su 72 pagine della edizione nazionale di venerdì scorso, 26 erano occupate per intero da pubblicità, 35 da annunci che occupavano la metà o ¼ della superficie. In totale, secondo i miei calcoli, la pubblicità occupa il 51,3% del Corriere. Se dal resto togliessimo poi quei pastoni che sono solo un servile omaggio alla politica - e i titoloni, le megafotografie, i grafici, i trafiletti, le battutine demenziali di Beppe Severgnini e Lina Sotis – troveremmo che lo spazio dedicato alle notizie serie ed ai commenti è assai esiguo.
Leggendo il Corriere della Sera mi torna in mente quando – studente impreparato – scrivevo i temi con una grafia esagerata, saltavo le righe, andavo spesso a capo, tutto per occupare quante più pagine possibile.
Si dice che gli italiani non siano lettori di giornali: ma cosa c’è da leggere? Basta guardare le figure...
Passando all’edizione online, il quadro è anche più sconfortante: il sito www.corriere.it (come ad onor del vero quello del concorrente ‘Repubblica’) è irrobustito da notizie di gossip, e foto di nudi femminili.
Il confronto con i giornali ‘seri’ del resto dell’Occidente – il Times, la FAZ, il NYT, Le Monde – è semplicemente sconfortante. Peraltro il Corriere rimane troppo dignitoso ed impettito per essere paragonabile alla stampa popolare britannica, a partire dal celebre ‘Sun’, che almeno allieta il lettore con modelle in topless.
Insomma, ho tra le mani un prodotto “fuzzy”, che non è né carne né pesce – né autorevole né popolare - e che non ho davvero capito a cosa serva: non certo a informare il lettore, né tantomeno ad essere il cane da guardia della democrazia e l’integerrimo controllore del Potere.
Sicuramente, il suo giornale, come del resto gli altri, risponde a molti interessi. Ma non certo a quelli di un cittadino di un paese democratico. Non ai miei.
Spero dunque che non mi giudicherà troppo male se mi dimetto da lettore. Non vedo perché devo spendere dei soldi per comprare un giornale che pago già due volte, come consumatore con la pubblicità, e come contribuente con il finanziamento pubblico all’editoria (che, come rivelato dal libro “La Casta dei Giornali” di Beppe Lopez, ammonta a quasi un milione di €), e che dunque, in virtù di tante e copiose fonti di sostentamento, può allegramente infischiarsene di perdere lettori e di sforzarsi di acquisirne di nuovi.
La prego di riflettere però che quella “Deriva” italiana che alcuni suoi giornalisti denunciano (all’insegna del predicare bene e razzolare male), potrebbe essere assai più efficacemente contrastata se ci fossero, in questo paese, giornali indipendenti ed interamente al servizio dei cittadini.
Suo (non più) affezionatissimo
Dott. Dario Quintavalle - Roma
===
Sullo stesso tema:
Corriere 2000
disturbato dalla virtuale sparizione delle notizie serie dal Corriere della Sera, mi sono preso la briga di calcolare quanta parte del giornale da Lei diretto è occupato da pubblicità. Su 72 pagine della edizione nazionale di venerdì scorso, 26 erano occupate per intero da pubblicità, 35 da annunci che occupavano la metà o ¼ della superficie. In totale, secondo i miei calcoli, la pubblicità occupa il 51,3% del Corriere. Se dal resto togliessimo poi quei pastoni che sono solo un servile omaggio alla politica - e i titoloni, le megafotografie, i grafici, i trafiletti, le battutine demenziali di Beppe Severgnini e Lina Sotis – troveremmo che lo spazio dedicato alle notizie serie ed ai commenti è assai esiguo.
Leggendo il Corriere della Sera mi torna in mente quando – studente impreparato – scrivevo i temi con una grafia esagerata, saltavo le righe, andavo spesso a capo, tutto per occupare quante più pagine possibile.
Si dice che gli italiani non siano lettori di giornali: ma cosa c’è da leggere? Basta guardare le figure...
Passando all’edizione online, il quadro è anche più sconfortante: il sito www.corriere.it (come ad onor del vero quello del concorrente ‘Repubblica’) è irrobustito da notizie di gossip, e foto di nudi femminili.
Il confronto con i giornali ‘seri’ del resto dell’Occidente – il Times, la FAZ, il NYT, Le Monde – è semplicemente sconfortante. Peraltro il Corriere rimane troppo dignitoso ed impettito per essere paragonabile alla stampa popolare britannica, a partire dal celebre ‘Sun’, che almeno allieta il lettore con modelle in topless.
Insomma, ho tra le mani un prodotto “fuzzy”, che non è né carne né pesce – né autorevole né popolare - e che non ho davvero capito a cosa serva: non certo a informare il lettore, né tantomeno ad essere il cane da guardia della democrazia e l’integerrimo controllore del Potere.
Sicuramente, il suo giornale, come del resto gli altri, risponde a molti interessi. Ma non certo a quelli di un cittadino di un paese democratico. Non ai miei.
Spero dunque che non mi giudicherà troppo male se mi dimetto da lettore. Non vedo perché devo spendere dei soldi per comprare un giornale che pago già due volte, come consumatore con la pubblicità, e come contribuente con il finanziamento pubblico all’editoria (che, come rivelato dal libro “La Casta dei Giornali” di Beppe Lopez, ammonta a quasi un milione di €), e che dunque, in virtù di tante e copiose fonti di sostentamento, può allegramente infischiarsene di perdere lettori e di sforzarsi di acquisirne di nuovi.
La prego di riflettere però che quella “Deriva” italiana che alcuni suoi giornalisti denunciano (all’insegna del predicare bene e razzolare male), potrebbe essere assai più efficacemente contrastata se ci fossero, in questo paese, giornali indipendenti ed interamente al servizio dei cittadini.
Suo (non più) affezionatissimo
Dott. Dario Quintavalle - Roma
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Sullo stesso tema:
Corriere 2000
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