Storie di maschi ostinati

A leggere superficialmente “L’amore ai tempi del colera”, il contrastato amore via telegrafo tra Florentino Ariza e Fermina Daza potrebbe sembrare simile a una di quelle ridicole storie a distanza che oggi nascono via chat, si sviluppano per e-mail ed sms, e muoiono miseramente alla prova dei fatti (vedi il mio post “L’amore ai tempi di ICQ”).
Ma la narrazione di Garcia Marquez ha il respiro ampio dell'epopea: i suoi personaggi sembrano ingaggiare una gara di resistenza, ed arrivano in fondo alla vita puliti e sobri come rocce levigate dalle intemperie, così da poter sintetizzare tutto il proprio essere in poche terribili parole: come se tutta la vita non fosse altro che una marcia vittoriosa di liberazione dell’essenziale.

Così il vero oggetto del libro, come di tutti i libri del Colombiano, non è semplicemente una storia d’amore, ma la maschia ostinazione dell’uomo, solo contro il mondo, ad abbattere tutti gli ostacoli che si frappongono al suo cammino di realizzazione personale.
“Parla sul serio?” gli domandò.
“Da quando sono nato” disse Fiorentino Ariza”non ho detto una sola cosa che non sia sul serio”
.

Il capitano… guardò Fiorentino Ariza, il suo dominio invincibile, il suo amore impavido, e lo spaventò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti.

“E fin quando crede che possiamo proseguire questo andirivieni del cazzo?” Gli domandò.

Fiorentino Ariza aveva la risposta pronta da cinquantatrè anni, sette mesi e undici giorni con le loro notti.

“Tutta la vita” disse.
Florentino Ariza si eleva dalla sua umile condizione, arriva al successo, ma è e rimane, per tutta la vita, un poeta. Non un banale creatore di versi e rime, ma persona che pratica la poiesis nel senso più vero del termine, artefice del proprio destino che attraverso la parola dà vita e senso al mondo, e ne penetra l’intima essenza.

“Florentino Ariza scriveva qualsiasi cosa con tanta passione che persino i documenti ufficiali sembravano lettere d’amore…
Senza proporselo, senza neppure saperlo, dimostrò con la sua stessa vita… che non esisteva nessuno con maggior senso pratico, né spaccapietre più ostinati, né direttori più lucidi e pericolosi, dei poeti.”
Ebbene niente, proprio niente di tutto questo sembra aver capito il regista del film in questi giorni nelle sale, Mike Newell, autore della simpatica commedia “Quattro Matrimoni ed un Funerale”. Nel romanzo Florentino è uomo di prepotente virilità e ferrea volontà; nel film diventa un languido romanticone che si adatta
ad attendere sospirando per mezzo secolo il coronamento del suo ormai appassito amore, ingannando il tempo con una serie di avventure di solo sesso. La femminilità altera di Fermina Daza è malamente restituita da Giovanna Mezzogiorno che proprio non riesce a far meglio, in tutti suoi film, che la gattamorta dagli occhi dolci.
Un vero strazio, e non posso dire che i critici non l’avessero avvertito.

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