Il fattore decisivo
Il 20 gennaio 1998 ero reduce da una festa a casa di Alex, un comandante della Marina americana che abitava ai piedi del Pincio, in un attico con una magnifica vista su Trinità dei Monti; avevo pomiciato tutta la sera con una negra favolosa, ed avevo la classica sbornia post-party che gli inglesi chiamano hangover.
Miracolosamente passato per puro culo alle severissime preselezioni alla Fiera di Roma del concorso per il 2° corso di formazione dirigenziale alla Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione (eravamo 30.000, fummo scremati in mille), quella mattina dovevo fare le prove scritte al Palazzo degli Esami in Trastevere. Non avevo dormito per niente, avevo una storta dolorosissima, aggravata dal troppo ballare, il fegato a pezzi per la sbornia, e soffrivo di colite spastica con diarrea. Stavo 'na schifezza...
Andò tutto storto: ci vollero tre ore solo per entrare a Palazzo degli Esami (la convocazione era per le 8,00). Al momento di dettare i temi, gli altoparlanti di una sala andarono in tilt. Si provò a farne a meno, ma non c’erano voci stentoree disponibili. Provarono a distribuire delle fotocopie, alcuni partirono in quarta a scrivere, mentre ad altri i titoli non arrivarono nemmeno; poi si scoprì pure che certe volpi avevano il telefonino. L'esaperazione, già alle stelle, esplose. Successe un macello: un tale si alzò gridando che era tutto uno schifo, e buttò in aria i fogli del compito. Non sono fisionomista, e a quell’epoca ancora non conoscevo i volti che poi mi sono diventati familiari e persino (qui lo dico e qui lo nego) cari, ma si dice che il sovversivo fosse un collega oggi dirigente di un’importante unità al MEF (oops! Ministero Economia e Finanze) attiva nelle relazioni internazionali. Un bell’uomo, aitante, idolo delle colleghe ceche e slovacche. L’interessato, sornione, non ha mai ammesso. Successe il finimondo, la gente si alzò protestando sempre più rumorosamente, volarono insulti e pallette di carta, arrivò la polizia e un giornalista del Corriere, che a maggior ludibrio ci schiaffò sulla prima pagina della cronaca. Alle 14,30 la prova venne annullata e rinviata al successivo 16 marzo, e fummo fatti uscire. Era un gennaio eccezionalmente mite, e mi misi a girare per Trastevere. C'era un'atmosfera magica, un sole dolce, nessuno in giro, non una macchina, un silenzio perfetto.
Rimane un mistero la fine che ha fatto il “dott. 40”, responsabile del concorso, e quindi primo imputato della débâcle organizzativa. Voci maligne dicono che fu direttamente buttato nella vasca dei piranhas allo zoo. Non ne abbiamo mai più sentito parlare.
Tanti oggi mi chiedono cosa ci vuole per diventare un dirigente pubblico.
Nel mio caso l’elemento decisivo è stato un altoparlante rotto…
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Sul Controsito il resoconto di Nandokan
Vedi anche in questo blog: "Il culetto di Venere"
Carissimo Dario,
RispondiEliminami fai sempre rite a denti stretti quando leggo il tuo blog, e stavolta non fa eccezione. Anche perchè dici qualcosa che tra noi ci siamo detti credo un milione di volte: ma se non fosse stato per il casino di quella giornata e per la rigorosa attenzione allo svolgimento delle prove la volta seguente, quanti di noi 'normali' sarebbero oggi stati col culo sulla propria sedia?
Dove sarei stato oggi? Magari a fare il B2 agli Esteri (posto che ho lasciato e dove avrei guadagnato sicuramente di più!) frustrato da un dirigente che arrivava alle 11, distribuiva la posta e andava al bar, per poi pisolare nella stanza chiusa a chiave dalle 13 alle 15 (giuro!). Oppure farei il giornalista di fumetti alla fame, arrotondando vendendo il mio corpo.
SICURAMENTE non sarei stato al Ministero della Solidarietà a fare qualcosa - magari 'na cazzata - in cui credo e a metterci il cuore, pure senza una stanza dopo 4 mesi dal trasferimento (rigiuro!).
Alcuni, forse molti fra noi, bravi e preparati, hanno avuto la sculata della loro vita (io sicuramente) dato che nell'Italia della raccomandazione, dell'amico e del favore come sistema (con tutto il rispetto per il povero Mastella, che davvero fa come fan tutti, ed è qui la vera tragedia) non avremmo manco odorato il posto da servitori dello stato, ma avremmo servito padroni peggiori, come una banca o un'azienda di cessi e piastrelle.
Però non lo capiamo, anzi, via con la testina affossata nelle scrivanie, appozzati nelle minuzie oscene e burocratiche del lavoro dei-bai-dei, paurosi ad uscire alle 5 perchè sennò pare brutto e perchè ciòddafà, e una delle pochissime cose buone che negli ultimi 20 anni questo Paese ha prodotto se ne va piano piano nel cesso...
Magari era meglio che quell'altoparlante avesse funzionato.