Io sono Euroentusiasta !!!

Come ci ricorda Geoffrey Wheatcroft sull’IHT, sono stati 50 anni incomparabilmente felici, per l’Europa, specie se confrontati con i cinque lustri precedenti, segnati da due guerre mondiali.
Lo scetticismo riguardo all’Europa dunque, appare esagerato e non rispondente alla realtà dei fatti.
C’è, e palpabile, un sentimento di perplessità per l’ultimo grande Allargamento della Comunità a 10+2 nuovi paesi. In realtà, se l’ammissione di Bulgaria e Romania è stata prematura, se quella di Malta superflua - se non per fini geostrategici, e comunque nell’interesse italiano - e quella di Cipro decisamente incauta, gli otto paesi dell’Europa Centro-orientale hanno meritato pienamente la fiducia loro accordata. Tutti i paesi ex socialisti hanno portato una salutare ventata di liberismo e realismo politico in un’Europa ingessata da un sotterraneo rifiuto della logica del mercato: sono un testimone oculare dell’enorme progresso fatto dalla Lettonia in pochi anni.
Chi invece all’Europa ha fatto davvero male sono stati due stati fondatori: la Francia - con i suoi irrisolti complessi di superiorità bonapartisti-gollisti, il suo eterno malumore sfogatosi in un referendum totalmente irrazionale, suprema contraddizione nella terra di Cartesio - e la Germania. Quest’ultima, finita la generazione di coloro che sentivano intero il peso dell’irredimibile colpa del paese, ha ripreso con una certa baldanza e immemore incoscienza a perseguire antiche logiche geopolitiche che in passato hanno portato a due guerre sanguinose.
Lo fa pacificamente, ma non senza danno: così la malriuscita riunificazione è stata fatta pagare a tutti gli europei; così il prematuro ed unilaterale riconoscimento dell’indipendenza slovena e croata ha ignito la secessione jugoslava; così la pretesa assurda di avere per sé un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha ucciso nella culla ogni possibilità di svolgere una non velleitaria politica estera e di sicurezza comune.
Irlanda e Spagna hanno brillantemente smentito, invece, con le loro performances, il radicato pregiudizio weberiano che il capitalismo potesse annidarsi solo in paesi nordici e protestanti, quasi che la ricchezza fosse il prodotto di un mix di religione e maltempo. L’Italia avrebbe potuto con un colpo di reni essere la terza di questa nouvelle vague catto-mediterranea, ma qui stiamo ancora a discutere dei meriti di Bettino Craxi, ahinoi…
Paradossalmente, quindi, come sottolinea sir Ian Buruma, il paese più europeista è proprio la culla degli Euroscettici, la Gran Bretagna. Che ha saputo attrarre e premiare energie, menti e capitali, e crescere impetuosamente grazie al loro apporto.
L’euroscetticismo ha spesso preso di mira la burocrazia europea, dipinta come un moloch oppressivo. Vado orgoglioso di aver lavorato alla Commissione, e posso testimoniare che questa è un’autentica leggenda metropolitana: tutta l’amministrazione europea conta meno impiegati del Comune di Roma, ed assai più qualificati. La sua capacità progettuale, e non solo meramente esecutiva, è notevole e lungimirante. La sua attività di standardizzazione senz’altro benefica. La sua vigilanza sulla libertà di commercio un freno salutare alle ricorrenti tentazioni protezionistiche degli stati membri.
E poi, contro i luoghi comuni dell’Europa dall’alto, sta la realtà di una crescente integrazione dei popoli europei. Si viaggia agilmente ed economicamente con i voli low cost, si passano frontiere nazionali con la stessa facilità con cui si attraversano demarcazioni comunali e regionali, spesso senza accorgersene. Gli studenti scoprono con Erasmus i loro coetanei e magari li sposano, i nostri accademici lavorano senza frontiere (anche se poi amano darsi un romantico tono da esuli scacciati dalla Patria ingrata), e persino le Pubbliche Amministrazioni nazionali, sotto la spinta di qualche pioniere (io per esempio... ;-), cominciano a dialogare e a lavorare assieme.
Altro dunque che trionfo degli Eurocrati. L’Europa è – sempre più – la casa comune di tutti noi.
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