Tra i due litiganti ...
È sorprendente quanto poco gli analisti di politica internazionale capiscano di psicologia e ne sappiano applicare gli schemi. Altrimenti potrebbero leggere nel confronto tra Islam e Occidente il risultato di una grande frustrazione sessuale collettiva, della voglia di mostrare la propria potenza e di svirilizzare l’avversario. Il ripetuto tentativo dei terroristi per distruggere i grattacieli delle Torri Gemelle, chiaro simbolo fallico, esprime un inconscio desiderio di castrazione dell’avversario. La Spada dell’Islam è un altro chiaro simbolo fallico. Quando essa si scontra con la Spada di Rolando, la Durlindana, il giovanile impeto dell’Islam si spegne e comincia invece l’alba della potenza occidentale. Il mujahed che si fa saltare in aria desidera un paradiso dove godrà del favore di 99 vergini. È un modo di ragionare primitivo e brutale, proprio di una società di madri castranti che trasmettono ai figli un sacro terrore per la libertà della donna. Ma davvero, nel confrontarci con una cultura così rozza, abbiamo saputo essere più raffinati?
Cosa fu l’11 settembre, all’atto pratico? Una strage orrenda ed efferata, d’accordo. Ma, militarmente parlando, fu un’azione del tutto irrilevante e nemmeno benissimo coordinata (per avere una maggiore efficacia, i dirottamenti avrebbero dovuto essere contemporanei), che ebbe come risultato l’abbattimento di quattro aerei di linea, la demolizione totale di due grandi palazzi, e quella parziale di un terzo, oltre alla morte, terribile, certo, di poco più di 6000 persone.
Era il caso di dichiarare una “guerra” per questo?
Gli è che il machismo islamico trovò sulla sua strada un altro machismo, quello texano di George W. Bush. La sfida di questi anni è una infantile competizione tra maschiacci celoduristi.
La vera, grande vittima, dell’11 settembre è la leadership americana sull’Occidente. Naturalmente gli americani hanno esercitato pesantemente il loro potere in questi ultimi cinque anni. Ma la leadership è tutta un’altra cosa: è chiarezza degli obbiettivi, è visione del futuro, è esercizio del potere in nome di principi obbliganti per tutti. È capacità di unificare.
Accettando la sfida dei terroristi, Bush li ha promossi a competitori alla pari. La sua stupida definizione di “Guerra al terrore” ne ha fatto dei belligeranti anziché dei criminali comuni.
Qualcuno ha potuto vedere nella brutta pagina dell’11 settembre l’avverarsi della profezia di Huntington sullo scontro di civiltà. Ma quale civiltà? Bastava vedere le eloquenti immagini del passaggio degli israeliani in Libano: da una parte del confine agrumeti e orti, subito al di là un triste deserto di pietre. La verità è che tutto il mondo arabo non conta assolutamente niente, non è competitivo proprio in nulla. Il PIL complessivo dei paesi arabi è inferiore a quello della Spagna, compresi i redditi del petrolio. Se non fosse per il petrolio, di quello che succede nel mondo arabo non meriterebbe occuparsi. Invece ci tocca, ma è una nostra scelta volere che sia così, per non aver sviluppato per tempo fonti energetiche alternative. Paghiamo il terrorismo alla pompa di benzina e diamo così ragione a Lenin che diceva che il capitalista avrebbe venduto la corda con cui essere impiccato.
La leadership americana è stata distratta dal vero problema di questi anni e di quelli a venire: l’ascesa della Cina.
Questo e solo questo è il vero incontro / confronto / e forse scontro di civiltà della nostra epoca. Sono finiti i cinquecento anni in cui l’Occidente bianco, cristiano, europeo ha dominato il mondo.
Un evento del genere avrebbe meritato la completa attenzione della massima potenza del pianeta. C’era, la Cina, nel programma elettorale di Bush: in fondo conosceva quel paese, suo padre vi era stato come ambasciatore degli USA, e poi veniva dal partito repubblicano che con Nixon ne aveva fatto un partner strategico. Ma poi si è messo a pensare ad altro, e, ahinoi, si è andato ad arenare tra le sabbie dell’Iraq e dell’Afghanistan.
Come si dice, tra i due litiganti, il terzo gode…
Cosa fu l’11 settembre, all’atto pratico? Una strage orrenda ed efferata, d’accordo. Ma, militarmente parlando, fu un’azione del tutto irrilevante e nemmeno benissimo coordinata (per avere una maggiore efficacia, i dirottamenti avrebbero dovuto essere contemporanei), che ebbe come risultato l’abbattimento di quattro aerei di linea, la demolizione totale di due grandi palazzi, e quella parziale di un terzo, oltre alla morte, terribile, certo, di poco più di 6000 persone.
Era il caso di dichiarare una “guerra” per questo?
Gli è che il machismo islamico trovò sulla sua strada un altro machismo, quello texano di George W. Bush. La sfida di questi anni è una infantile competizione tra maschiacci celoduristi.
La vera, grande vittima, dell’11 settembre è la leadership americana sull’Occidente. Naturalmente gli americani hanno esercitato pesantemente il loro potere in questi ultimi cinque anni. Ma la leadership è tutta un’altra cosa: è chiarezza degli obbiettivi, è visione del futuro, è esercizio del potere in nome di principi obbliganti per tutti. È capacità di unificare.
Accettando la sfida dei terroristi, Bush li ha promossi a competitori alla pari. La sua stupida definizione di “Guerra al terrore” ne ha fatto dei belligeranti anziché dei criminali comuni.
Qualcuno ha potuto vedere nella brutta pagina dell’11 settembre l’avverarsi della profezia di Huntington sullo scontro di civiltà. Ma quale civiltà? Bastava vedere le eloquenti immagini del passaggio degli israeliani in Libano: da una parte del confine agrumeti e orti, subito al di là un triste deserto di pietre. La verità è che tutto il mondo arabo non conta assolutamente niente, non è competitivo proprio in nulla. Il PIL complessivo dei paesi arabi è inferiore a quello della Spagna, compresi i redditi del petrolio. Se non fosse per il petrolio, di quello che succede nel mondo arabo non meriterebbe occuparsi. Invece ci tocca, ma è una nostra scelta volere che sia così, per non aver sviluppato per tempo fonti energetiche alternative. Paghiamo il terrorismo alla pompa di benzina e diamo così ragione a Lenin che diceva che il capitalista avrebbe venduto la corda con cui essere impiccato.
La leadership americana è stata distratta dal vero problema di questi anni e di quelli a venire: l’ascesa della Cina.
Questo e solo questo è il vero incontro / confronto / e forse scontro di civiltà della nostra epoca. Sono finiti i cinquecento anni in cui l’Occidente bianco, cristiano, europeo ha dominato il mondo.
Un evento del genere avrebbe meritato la completa attenzione della massima potenza del pianeta. C’era, la Cina, nel programma elettorale di Bush: in fondo conosceva quel paese, suo padre vi era stato come ambasciatore degli USA, e poi veniva dal partito repubblicano che con Nixon ne aveva fatto un partner strategico. Ma poi si è messo a pensare ad altro, e, ahinoi, si è andato ad arenare tra le sabbie dell’Iraq e dell’Afghanistan.
Come si dice, tra i due litiganti, il terzo gode…
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