Vento liberale da sinistra

Non esiste categoria più proterva nel difendere la propria torta dei tassisti. Essi hanno prosperato imponendo la loro volontà alle amministrazioni comunali, scioperando in modo selvaggio ogni volta che si è tentato di aumentare anche di poco il numero di licenze. A fronte di costi assai più alti della media delle città europee, poi, il servizio è pessimo. Viaggiare in taxi significa spesso fare un’esperienza spiacevole: cortesia, rispetto del cliente, frequenza, puntualità, trasparenza dei prezzi, questi sconosciuti…

Perché quando chiamo un taxi questo arriva già col tassametro acceso, magari dieci minuti prima dell’appuntamento? Perché finita la corsa un figuro bofonchia la cifra da pagare, e guai se mi azzardo a chiedere spiegazioni su come è stata calcolata? Perché non mi danno mai una ricevuta? Perché quando si va all’aeroporto devo pagare anche il viaggio di ritorno? Perché il tassametro continua a correre anche quando l'auto è ferma nel traffico, o il conducente ha sbagliato strada? Domande alle quali i signori tassisti – forti dei loro appoggi politici e di una legislazione di privilegio - non si sono mai degnati di dare una risposta.


Le liberalizzazioni promosse da Bersani hanno anche un altro pregio: spazzano via il luogo comune per cui il peso sui portafogli degli italiani sia costituito solo dalle tasse, destinate a finanziare un settore pubblico esoso e parassitario, laddove il privato è per definizione orientato al cliente e al mercato.
Oggi scopriamo un altarino: che, insieme alle tasse ufficiali, ci sono mille altre tasse occulte, imposte da chi, seduto agli snodi cruciali della società, può imporre balzelli per il passaggio e vivere così di rendita.


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