Legge elettorale, aboliamola subito
Ad Aprile andremo a votare con una nuova legge elettorale. Il suo stesso promotore, l’On. Calderoli, della Lega, l’ha definita “una porcata”, e una volta tanto si può essere d’accordo con lui.
Premessa: sono stato un convinto assertore del maggioritario: ricordo i due referendum proposti da Mario Segni, e le speranze che suscitarono. Oggi, molti sono i delusi, ma bisogna riconoscere che il maggioritario ci ha dato dieci anni di stabilità governativa, con due coalizioni che si sono alternate alla guida del Paese. Poteva andar meglio, non fosse stato per la residua quota proporzionale.
La nuova legge elettorale conferisce un premio di maggioranza alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa, consentendole di diventare maggioranza parlamentare assoluta. All’interno di ogni coalizione i seggi saranno distribuiti in proporzione ai voti di lista. I seggi, all’interno di ciascuna lista verranno attribuiti in ordine di posizione dei candidati all’interno della lista stessa, posizione che sarà stata decisa dalle segreterie di partito.
Quindi, in assenza di ogni voto di preferenza, e di meccanismi democratici per la formazione delle liste, quali ad esempio le primarie, il prossimo parlamento praticamente sarà nominato, più che eletto.
Insomma, bisogna rimpiangere il voto di preferenza. Certo, per guadagnarselo certi candidati facevano di tutto. Ma esso aveva, nel sistema proporzionale, un pregio: ogni candidato era in gara, e quindi spinto a competere per acquisire preferenze. La preferenza diventava automaticamente anche un voto di lista. Il numero di seggi guadagnati dipendeva dai voti di lista e quindi ogni candidato, pur lottando per sé stesso, faceva campagna anche per il partito, aumentando al tempo stesso le proprie chances di elezione.
Con il nuovo sistema elettorale, invece, a seconda della loro posizione in lista i candidati hanno una ragionevole sicurezza di essere eletti o di non esserlo affatto. Ed infatti molti, per non essersi visto assegnato un posto sicuro, hanno sdegnosamente rifiutato la candidatura. Questo significa che viene meno ogni incentivo alla competizione: chi è sicuro di essere eletto non farà campagna elettorale, e chi è sicuro di non esserlo, idem. In entrambi i casi, perché prendersi il disturbo? Gli unici che si daranno da fare, saranno quelli in bilico.
Tutta la campagna elettorale sarà basata sull’effetto trascinamento dei due leaders, e sul voto ideologico destinato ai partiti più radicati, mentre credo saranno spiazzate le formazioni minori, il voto d’opinione e quello moderato.
Inoltre viene completamente distrutto il legame col territorio, che era uno dei punti di forza del maggioritario: ogni circoscrizione aveva un suo deputato di riferimento e chi voleva poteva coltivare un dialogo con il proprio collegio.
Forse l’affluenza alle urne sarà garantita, questa volta, dalla polarizzazione ideologica che rende questa tornata elettorale un referendum pro o contro Berlusconi (quasi che il paese non abbia altri problemi), ma nel lungo periodo il risultato sarà un’ulteriore disaffezione dalla politica. Insomma, questa è la legge elettorale più antidemocratica che ci sia: si vota per scegliere, non per ratificare scelte fatte da altri.
Mi auguro che, a urne appena chiuse, si avviino i meccanismi, parlamentari o referendari, per abrogarla.
Premessa: sono stato un convinto assertore del maggioritario: ricordo i due referendum proposti da Mario Segni, e le speranze che suscitarono. Oggi, molti sono i delusi, ma bisogna riconoscere che il maggioritario ci ha dato dieci anni di stabilità governativa, con due coalizioni che si sono alternate alla guida del Paese. Poteva andar meglio, non fosse stato per la residua quota proporzionale.
La nuova legge elettorale conferisce un premio di maggioranza alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa, consentendole di diventare maggioranza parlamentare assoluta. All’interno di ogni coalizione i seggi saranno distribuiti in proporzione ai voti di lista. I seggi, all’interno di ciascuna lista verranno attribuiti in ordine di posizione dei candidati all’interno della lista stessa, posizione che sarà stata decisa dalle segreterie di partito.
Quindi, in assenza di ogni voto di preferenza, e di meccanismi democratici per la formazione delle liste, quali ad esempio le primarie, il prossimo parlamento praticamente sarà nominato, più che eletto.
Insomma, bisogna rimpiangere il voto di preferenza. Certo, per guadagnarselo certi candidati facevano di tutto. Ma esso aveva, nel sistema proporzionale, un pregio: ogni candidato era in gara, e quindi spinto a competere per acquisire preferenze. La preferenza diventava automaticamente anche un voto di lista. Il numero di seggi guadagnati dipendeva dai voti di lista e quindi ogni candidato, pur lottando per sé stesso, faceva campagna anche per il partito, aumentando al tempo stesso le proprie chances di elezione.
Con il nuovo sistema elettorale, invece, a seconda della loro posizione in lista i candidati hanno una ragionevole sicurezza di essere eletti o di non esserlo affatto. Ed infatti molti, per non essersi visto assegnato un posto sicuro, hanno sdegnosamente rifiutato la candidatura. Questo significa che viene meno ogni incentivo alla competizione: chi è sicuro di essere eletto non farà campagna elettorale, e chi è sicuro di non esserlo, idem. In entrambi i casi, perché prendersi il disturbo? Gli unici che si daranno da fare, saranno quelli in bilico.
Tutta la campagna elettorale sarà basata sull’effetto trascinamento dei due leaders, e sul voto ideologico destinato ai partiti più radicati, mentre credo saranno spiazzate le formazioni minori, il voto d’opinione e quello moderato.
Inoltre viene completamente distrutto il legame col territorio, che era uno dei punti di forza del maggioritario: ogni circoscrizione aveva un suo deputato di riferimento e chi voleva poteva coltivare un dialogo con il proprio collegio.
Forse l’affluenza alle urne sarà garantita, questa volta, dalla polarizzazione ideologica che rende questa tornata elettorale un referendum pro o contro Berlusconi (quasi che il paese non abbia altri problemi), ma nel lungo periodo il risultato sarà un’ulteriore disaffezione dalla politica. Insomma, questa è la legge elettorale più antidemocratica che ci sia: si vota per scegliere, non per ratificare scelte fatte da altri.
Mi auguro che, a urne appena chiuse, si avviino i meccanismi, parlamentari o referendari, per abrogarla.
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