Turchia? No, grazie.

In un articolo pubblicato oggi sull’International Herald Tribune, i ministri degli Esteri svedese e italiano, Carl Bildt e Massimo D’Alema (il cui nome viene incredibilmente storpiato in ‘D’Alemais’, sic!) ci dicono che è tempo per un nuovo sforzo di negoziato verso la Turchia, in vista della sua ammissione nell’Unione Europea.
Le argomentazioni sono le solite, e sono tutte poco convincenti: perché applicandole alla lettera, l’Unione Europea dovrebbe allargarsi a metà dei paesi del mondo. Cosa vuol dire per esempio che ‘non possiamo chiudere le porte’ in faccia a un grande paese? Se domani l’Ucraina o la Russia volessero entrare nell’Unione (ed hanno molti più titoli della Turchia per chiederlo), dovremmo forse ammetterle?

Mi piacerebbe che il nostro Ministro degli Esteri rispondesse a una semplice domanda: qual è l’interesse nazionale dell’Italia ad avere la Turchia nell’Unione Europea?
Non l’ho capito. Ci sono invece molte ragioni per cui noi dovremmo essere contrari: la prima è che, attualmente l’Italia è per popolazione, uno dei quattro grandi paesi d’Europa. Con l’ingresso della Turchia (72 milioni di persone) l’importanza ed il peso del nostro paese diminuirebbero automaticamente. La seconda è che l’Italia ha tutto l’interesse al rafforzamento del processo di integrazione europea, mentre un ulteriore allargamento porterebbe alle estreme conseguenze i limiti dei suoi meccanismi di funzionamento.

La Turchia è un paese occidentale e laico solo grazie alla garanzia delle sue forze armate: non bisogna illudersi su questo. La sua storia non ha nulla a che fare con la storia europea. Geograficamente, il suo territorio è al 97% in Asia. Senza contare gli enormi costi che i contribuenti europei dovrebbero sostenere per consentire a questo paese di aggiornare le sue infrastrutture.

Non si tratta di chiudere le porte in faccia alla Turchia, ma di evitare di costruire una Fortezza Europa dove sia questione di vita o di morte entrare per non rimanere chiusi fuori.
Una solida alternativa potrebbe essere il dare corso ai progetti per un North Atlantic Free Trade Agreement, che includa tutti i membri della NATO.
L’Europa, ritroverà intanto, speriamo, sotto la guida di Sarkozy e della Merkel, la via dell’integrazione. Il risultato del referendum francese di due anni fa dovrebbe aver avvertito tutti: operazioni a tavolino sulla testa dei cittadini non si possono più fare. Se vogliamo un’Europa dei popoli, un’Europa democratica, dobbiamo anche accettare il fatto che la maggioranza degli europei, di avere la Turchia come partner, non ne vuol semplicemente sapere.

È la democrazia, baby…

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